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Indice Alfredo Balasco
 
 

Considerazioni su alcuni capitelli tardorepubblicani e

augustei nel duomo e nel centro storico di Teano (III parte)
 
già pubblicato in “TEANUM SIDICINUM / Nuove prospettive per lo studio della città e della sua storia” a cura di Angela Palmentieri e Federico Rausa, 2018, Giannini Editore.
 


Fig. 4a-b. Teano, cattedrale, capitello corinzio.
 

Il secondo esemplare, anch’esso di colonna e in marmo (figg. 4 e 4a), è appoggiato a terra all’interno del Cappellone di S. Paride ed ha all’incirca le medesime dimensioni del primo (diam. ~ 25 cm; alt. 30 cm; alt. delle due corone 17 cm). Il capitello è abbastanza ben conservato, risultando spezzati solo due spigoli dell’abaco. Va però precisato che tutta la parte inferiore del capitello risulta probabilmente rilavorata; inoltre la lavorazione di uno dei lati non è stata ultimata, come appare evidente dalla mancata rifinitura di alcune parti dell’ornato (viticci fioriti negli spazi tra elici e volute e fiore dell’abaco). Il capitello, con la consueta doppia corona di foglie d’acanto, nella parte bassa del kalathos presenta un’accentuata ed insolita svasatura che nella parte inferiore è modanata con un toro appiattito; quest’ultimo sembra però intagliato in una lastra di marmo distinta sulla quale risulta fissato il capitello, pertanto il piano d’appoggio inferiore presenta un diametro notevolmente ridotto rispetto al kalathos. Le foglie delle corone, che superano di poco la metà del capitello, presentano cinque lobi raccolti intorno alla costolatura centrale che è delimitata da profonde incisioni che si allargano progressivamente nella parte inferiore. I lobi sono articolati in fogliette corte e spinose di forma triangolare, carenate e con la superficie delle nervature lavorata a formare tubetti paralleli, in modo più evidente rispetto al primo capitello. Le fogliette dei lobi contigui incontrandosi formano zone d’ombra a goccia di forma quasi circolare inclinate verso l’esterno.
Tra le foglie della seconda corona sono impostati i caulicoli verticali rivestiti da fogliette lisce e conclusi da sottili orli a doppio anello. Dai caulicoli fuoriescono le semifoglie dei calici che mostrano lo stesso tipo di acanto delle foglie delle corone. Le volute e le elici sono formate da nastri piatti con bordi rilevati in due sottili orli che si arrotolano a formare spirali a “chiocciola” con forellino circolare.
Anche in questo capitello lo stretto spazio tra le elici e le volute è occupato da corti tralci terminanti in rosette a tre petali con bottone circolare centrale. Lo stelo del fiore dell’abaco è quasi nascosto dalle spirali delle elici e si conclude in un fiore a corolla. L’abaco, che si conserva abbastanza bene, è articolato in tondino e cavetto.
Come detto, nella parte inferiore la prima corona di foglie risulta insolitamente svasata, elemento che lascia pensare a una rilavorazione del pezzo. Nonostante a livello stilistico la resa delle foglie delle due corone risulti piuttosto omogenea, va però rilevato che la parte inferiore delle foglie della prima corona, in corrispondenza della svasatura, è intagliata in un rilievo più basso, evidentemente per ripristinare l’ornato originale danneggiato. L’intervento fu necessario per adattare il capitello al diametro di una delle due colonne anteriori, quattro in totale, che reggevano il baldacchino della statua argentea di S. Paride. Il baldacchino, realizzato nel dopoguerra e recentemente smembrato, era collocato negli ambienti dell’ala destra della sacrestia, con altre immagini sacre34.
L’esecuzione del capitello è caratterizzata da una forte stilizzazione dell’ornato tipica degli esemplari corinzi del periodo secondotriumvirale e protoaugusteo mentre altri elementi, come i tralci con rosette tra elici e volute, risentono dell’accentuato sperimentalismo che caratterizza questo periodo e che si concluderà con la normalizzazione medioaugustea35. Se per disegno e dimensioni il capitello è assai simile al precedente, cui si rimanda per i confronti, la resa stilistica appare qui diversa. L’altezza contenuta lascia pensare che esso fosse utilizzato in un’architettura di piccole dimensioni.
I due capitelli possono inquadrarsi nella prima delle tre fasi nelle quali H. Heinrich articola la comparsa e la diffusione degli elementi architettonici in marmo di produzione locale in ambito campano36. In particolare, i capitelli di Teano trovano confronti stilistici stringenti in un capitello reimpiegato nell’atrio del duomo di Capua37 e in un capitello della necropoli di Porta Nocera a Pompei38. Un altro capitello da Capua (fig. 8) presenta foglie d’acanto con un simile trattamento stilizzato e un accentuato verticalismo. Le foglie, alternate in modo simmetrico intorno al kalathos, presentano lobi che accostandosi formano zone d’ombra a goccia e a triangolino. La forte contrazione della parte superiore del kalathos, caratterizzato dalla presenza dei caulicoli verticali e delle rosette con stelo tortile chiuso tra gli spazi vuoti tra le elici e le volute, avvicinano molto questo capitello a quelli di Teano. Ai capitelli capuani si aggiungono quelli in calcare dell’arco di Aquino, che presentano anch’essi caulicoli verticali, benché la resa delle foglie dell’acanto sia leggermente più plastica rispetto agli esemplari sidicini39.
Consideriamo ora un coronamento di pilastro in marmo bianco con venature grigiastre (lunense?), appoggiato sulla pavimentazione del battistero della navata destra (figg. 5 e 5a). L’elemento (largh. 56 cm, prof. 54 cm, alt. 32 cm, alt. delle modanature decorate 21 cm) si presenta in discreto stato di conservazione ed è lavorato sui quattro lati. L’abaco presenta fratture e scheggiature, specialmente nella parte superiore e in prossimità dei margini. Il capitello è intagliato insieme alla parte superiore del pilastro scanalato del quale costituisce il coronamento. Su ogni lato del pilastro vi sono sei scanalature, più due terminali appena accennate raccordate al capitello con gole a sagoma dritta. Le scanalature, piuttosto appiattite e separate da larghi listelli, giungono fino a ridosso del sommoscapo. Il capitello presenta uno schema decorativo a registri sovrapposti (Bandornamentkapitelle) che si ripete identico su tre lati, mentre il quarto è decorato con un kyma di foglie d’acanto. Comune a tutti i lati è la modanatura inferiore che è intagliata con un astragalo alto e rigonfio, con voluminose perline alternate a sottili fusarole a disco, che insieme al sottile listello sottostante costituiva probabilmente il sommoscapo del fusto. Al di sopra dell’astragalo su tre lati troviamo un kyma lesbio trilobato formato da sottili archetti lisci separati da stilizzati fiori bilobi e con insoliti elementi interni che nella forma ricordano dei calici di loto; segue un kyma ionico composto da grossi ovuli sferici contenuti in sottili sgusci circolari separati da lancette molto nitide; gli ovuli posti alle estremità in posizione angolare sono decorati da semipalmette. Nel quarto lato del capitello, al posto del kyma lesbio e di quello ionico, troviamo un kyma di foglie d’acanto alternate a foglie d’acqua in secondo piano; anche in questo caso due semipalmette impreziosiscono il motivo alle estremità angolari. Le foglie hanno una grossa nervatura centrale, delimitata da due profonde incisioni che si allargano nella parte inferiore, e presentano cinque lobi articolati in fogliette corte ed aguzze e separati da zone d’ombra a forma di piccoli occhielli, in numero variabile da sei a quattro, seguiti da triangolini con il vertice superiore leggermente aperto. La lavorazione è caratterizzata da un’energica modulazione della superficie, vistosamente incavata nella parte interna dei lobi i cui margini sono invece in forte rilievo. Nella parte superiore del capitello si può riconoscere l’abaco, modanato con un alto cavetto e un listello.
Il capitello può essere considerato uno dei più antichi esemplari in marmo in area campana. Molteplici sono infatti gli indizi per una datazione alta del pezzo. Intanto la lavorazione del capitello/coronamento insieme alla parte terminale del fusto del pilastro rimanda ad una prassi repubblicana, propria degli elevati in pietra e in tufo. Anche lo schema decorativo è sicuramente anteriore alla grande normalizzazione medioaugustea. L’ornato è poi evidentemente influenzato dalla tradizione tardoellenistica, a cominciare dal tipo di acanto, caratterizzato da piccole zone d’ombra di forma circolare e triangolare e da nervature “a tubetto”; anche il kyma ionico, con ovuli sferici, il disegno dell’astragalo, e l’uso delle semipalmette angolari, che pure persiste –ma in forme più schematiche– in età imperiale, lasciano propendere per una datazione ancora repubblicana, che si può forse circoscrivere tra l’età cesariana e il periodo del secondo triumvirato.
Per quanto riguarda l’impiego di questo pezzo, si può pensare ad un portico a pilastri o con pilastri (alle estremità) alternati a colonne, ma, in mancanza di dati certi riguardo la provenienza, non si possono formulare ipotesi di dettaglio; in ogni caso le caratteristiche e le dimensioni ne suggeriscono l’appartenenza ad un edificio pubblico.
Consideriamo ancora un capitello corinzieggiante di lesena (fig. 11), murato all’interno di un palazzo del centro storico della città40. Il capitello, in marmo lunense e di rilevanti dimensioni (alt. 75 cm, largh. mass. 40 cm), è spezzato verticalmente al lato dell’asse centrale e risulta mancante della metà destra; l’abaco, che presenta numerose spezzature, è conservato integralmente solo all’estremità sinistra.
Lo schema decorativo del capitello rappresenta una variante dell’ordine corinzio, come accade di frequente negli esemplari corinzieggianti. La base del capitello è rivestita da una singola corona di grandi foglie d’acanto, una centrale, più bassa e larga, e due angolari (rimane solo quella sinistra), più alte, che avvolgono una larga foglia liscia che riveste la voluta sostenendone con la cima la spirale. La foglia centrale si compone di cinque lobi raccolti intorno alla costolatura centrale; le altre nervature, rese plasticamente, sono costituite da incisioni che si allargano progressivamente nella parte inferiore. I lobi, articolati in lunghe foglie aguzze e solcate da incisioni angolari, sono separati da zone d’ombra a goccia cui seguono, verso l’esterno, spazi chiusi di forma triangolare. Le stesse caratteristiche tipologiche e stilistiche si riscontrano nella foglia angolare. Le volute, impostate tra le foglie d’acanto e prive di caulicoli, sono costituite da una foglia d’acqua che si sviluppa obliquamente e che all’estremità si arrotola a formare una spirale a chiocciola; il margine è rivestito da una semifoglia liscia che ha il bordo inciso a disegnare schematici lobi e che si assottiglia nella parte superiore per concludersi tra la spirale della voluta e lo spigolo dell’abaco.
Al di sopra della foglia centrale nel settore centrale del kalathos si apre un elegante calice composto da due foglie dalle cime ricurve verso l’esterno e con i margini interni seghettati in maniera analoga alle semifoglie che rivestono le volute. Dal calice nascono due steli sinuosi che si allargano verso l’esterno per poi bipartirsi e formare un motivo a lira: i tralci interni si ripiegano verso il centro del capitello, disegnando due girali che si concludono con due rosette a quattro petali tondeggianti e bottone centrale; le due girali sono legate da un nastro al di sopra e al di sotto del quale si sviluppano simmetricamente una foglietta liscia a punta di lancia e una palmetta rovesciata; quelli esterni, più corti, si protendono all’esterno concludendosi sotto l’abaco. Al di sopra dell’alto orlo del kalathos, l’abaco, profilato con ovolo e cavetto, chiude superiormente il capitello. Il centro dell’abaco è decorato da un fiore con corolla di fogliette lanceolate e motivo centrale a pigna.
L’accurata esecuzione del capitello è contrassegnata da un forte equilibrio tra il plasticismo dell’acanto e la resa quasi metallica del motivo a lira, della foglia d’acqua e del calicetto. L’acanto mostra evidenti reminiscenze dello stile protoaugusteo della migliore produzione urbana, evidente nelle foglie, i cui lobi aguzzi, accostandosi formano le tipiche zone d’ombra a goccia e triangolino. La resa più morbida e naturalistica dell’acanto insieme all’accentuata curvatura del kalathos, tanto più notevole in un capitello di lesena, riflettono invece le più aggiornate tendenze del linguaggio architettonico augusteo e avvicinano questo capitello a quelli della cella del tempio di Apollo in Circo (variante 3.1.c)41. Anche se le zone d’ombra e le fogliette aguzze dell’acanto trovano confronti in esemplari più antichi o della primissima età augustea, come quelli della Basilica Giulia e del Tempio di Apollo Palatino42, il morbido plasticismo e la resa accentuatamente naturalistica dell’acanto suggeriscono una datazione più bassa, nell’ambito dell’ultimo quarto del I sec. a.C.
Le dimensioni del capitello ne indicano l’appartenenza ad un edificio pubblico monumentale che al momento rimane sconosciuto.

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Note

34 Ringraziamo per la preziosa notizia don Luigi Migliozzi, reverendo della Parrocchia dei
Santi Cosma e Damiano.
35 Heilmeyer 1970, 36 ss.; Hesberg 1981, 25-27.
36 Heinrich 2002, 13 ss.
37 Heinrich 2002, 26, 64, K4 (Capua).
38 Heinrich 2002, 25, 63, K1 (Pompei).
39 Valenti 2010, 537-538, fig. a 4.
40 Il capitello di lesena è murato all’interno del cortile del palazzo appartenuto al Barone Mazzoccolo di Roccasicura, ubicato lungo il Corso Vittorio Emanuele II. All’interno dello stesso cortile, si conservano altri materiali architettonici e epigrafi provenienti dalla città antica. Per l’importanza e la bellezza di tali elementi, sarebbe necessario farne una schedatura completa e vincolarli per evitarne la dispersione.
41 Viscogliosi 1996, 102-107, tav. 17, 106, fig. 128, 107.
42 Viscogliosi 1996, 117-160, fig. 144 e 145, 122.

Alfredo Balasco
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 2 Febbraio)

Fig. 8. Capitello corinzio di reimpiego (Capua).
Fig. 5a-b-c. Teano, cattedrale, coronamento di pilastro.
Fig.1. Teano, Palazzo Mazzoccolo, capitello corinzieggiante.