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Macerie e Memorie - La guerra raccontata dai bambini

Per ragioni di sintesi e di chiarezza assegnamo al titolo una valenza semantica puramente letterale e una collocazione temporale tristemente legata all'occupazione nazifascista, a sua volta prodomica di quella 'alleata': entrambe hanno lasciato il segno... anche in Terra Sidicina. Evitiamo di entrare nello spinoso capitolo della Resistenza per non allungare o appesantire il discorso, che vuol essere, per l'occasione, solamente un modesto contributo offerto da una raccolta di testimonianze condotta nell'anno scolastico 1986/87 da una scolaresca di quinta elementare, ospite ed operante nel noto Edificio "Garibaldi", sorto - tanto per rimanere nel titolo - proprio sulle macerie di un ampio caseggiato (a ridosso di Porta Napoli), dove chiscrive, tra l'altro, ha mosso i primi passetti incerti all'interno di case e botteghe "avite", distrutte, pochissimi anni più tardi, insieme a tutto il resto, dalla furia della guerra.
Tante altre sono le "macerie" sofferte e conosciute dai Teanesi, con l'immancabile corteo di contraddizioni e risentimenti riconducibili all'amaro e prevedibile frutto dell'armistizio dell'8 settembre 1943! Ma vogliamo rientrare nel solco dell'introduzione per riportare, in pillole, alcune testimonianze ricavate dal ricordo dei "nonni".
Scrive Antonella (21.4.1987): Mia nonna Carmela, 80 anni, nell'aprile del 1944 stava in una cella del convento di S. Antonio, insieme ad altri concittadini; in ogni cella c'era una famiglia o un gruppo di rifugiati. I monaci avolte stavano in chiesa a pregare, a volte in cella. Altri Teanesi si erano rifugiati nelle grotte della collina o in quelle del monte di Casi, o giù alla Madonna delle Grotte. Gli uomini vagavano per le campagne in cerca di cibo e di nascondigli per sfuggire alla caccia che gli davano i Tedeschi. Gli Alleati (Americani e Inglesi), che cercavano di raggiungere Roma, pensando chei Tedeschi si nascondessero nei conventi e nelle chiese, si davano da fare con cannonate e bombe... In una cella di fronte a quella dei miei nonni ci stavano una vedova e una bimba di 4 anni, Nunzia. Erano più o meno le undici. Il convento ballò; monaci e civili si abbracciarono per pregare, ma nessuno capiva e sentiva l'altro... si sentì un boato terrificante e si trovarono tutti a terra.
Credettero di essere morti. Quando si ripresero, nella cella di Nunzia non c'era più il letto e non c'era nemmeno la mamma... C'era solo la bimba che piangeva e mangiava una frittella, di quelle senza sale, che le donne ogni tanto riuscivano a friggere, tra uno spavento e l'altro, una giaculatoria e uno svenimento.
Ecco un'altra perla, è di Mario: Un aiutante di mio padre, che aveva quasi 40 anni e si chiamava Giuseppe, una mattina dell'ottobre 1943 vide arrivare a casa dei Tedeschi che se lo trascinarono in piazza, dove si trovavano altre centinaia di uomini più o meno della sua stessa età. Tutt'intorno c'erano militari pronti a fare fuoco se qualcuno tentava di scappare. Arrivò all'improvviso Gigino, 5 anni, figlio di Giuseppe; si attaccò alle gambe del papà e cominciò a piangere e strillare come un matto. Un soldato (forse era un Austriaco) si mosse a compassione e diede il permesso a Giuseppe di accompagnare il figlio a case e di ritornare subito in piazza Figurarsi! Padre e figlio presero la discesa di via N. Gigli veloci come il vento. Giunti davanti al monastero di S. caterina, si precipitarono per i gradini che portano alla fontana di S. Lazzaro e via, attraverso la Madonna della Carità, per le campagne fino ad una masseria dove rimasero per tre giorni. Intanto tutti i Teanesi radunati nella piazza, furono deportati in Germania e qualcuno, purtroppo, non è più tornato.
L'ultima perla è di pasquale: Suo nonno era medico condotto e aveva diritto lla scorta quando andava a visitare un malato: il militare (che era solitamente un soldato fascista) da una parte lo deveva proteggere e dall'altra doveva controllare quello che faceva e quello che diceva. Una volta gli fu ordinato di salire sopra un camioncino militare pieno di compaesani destinati alla Germania. Egli si rifiutò e cercò di scappare. Un Tedesco tirò fuori la pistola e sparò... ma il proiettile colpì il soldato fascista che lo stava inseguendo e così il dottore, approfittando della confusione, infilò un vicoletto e sparì...
Ci fermiamo qui, confidando nel buon senso dei Sidicini, degli Italiani e dell'intera Umanità, convinti come siamo che un'eventuale altra Guerra Mondiale, non avrebbe né prigionieri né testimoni!

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 5 Maggio)