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"Tutto è relativo, anche il cavallo"

 
I colloqui tra i nostri Santi Cosma e Damiano, pubblicati mensilmente su il Sidicino dell'anno scorso, si ritroveranno nel saggio di Claudio Gliottone "Tutto è relativo, anche il cavallo" di prossima pubblicazione. Vediamo un'anticipazione.
 

Una strana sonnolenza se ne era impadronito. Vero è che gli ultimi giorni erano stati particolarmente faticosi, specie per due vecchi di oltre millesettecento anni, ma certamente le era complice l'afa estiva e pomeridiana, quell'anno più gravosa del solito.
Avevano partecipato a tutti i riti preparatori per i festeggiamenti del santo patrono; il quattro agosto ne avevano seguito la processione per le strade del paese. Non che fosse una processione particolarmente affollata, bisogna dirlo. Più di una volta se ne era lamentato il Vescovo: i fedeli la snobbavano quasi. ll pretesto era che il Patrono, nel corso dei secoli, si era sempre dimostrato particolarmente attento e disponibile verso i forestieri, trascurando anche le più legittime richieste dei paesani e questi lo ripagavano disertandone la processione. Nel paese, ma sarà stato certo e sempre un caso, chiunque venisse da fuori faceva fortuna; specie in politica, quasi che in tutta la città non ci fosse uomo capace cui affidare le sorti degli abitanti. Il Santo Patrono c'entrava poco, lo capirete da voi; alla base c'erano, come in qualsiasi paese, gelosie familiari, invidie ataviche, pettegolezzi storici , che condizionavano comportamenti ostili ai compaesani e più predisposti verso chi veniva da fuori, anche se non se ne conoscevano la storia o il modo di agire.
L'anno precedente addirittura la statua argentea del Patrono era stata trasportata su un carro agricolo trainato da un trattore, il cui gas di scarico aveva abbondantemente appestato il Sindaco, il Vescovo, il Comandante dei Vigili e tutte le autorità, che, in virtù del loro ufficio, erano tenute a seguire da presso la statua del Santo. Forse anche per questo il Vescovo si era arrabbiato. Ne aveva parlato con il parroco della cattedrale, aveva sollecitato i fedeli ad una maggiore devozione, ma i risultati non erano stati dei più eclatanti. Il culto più forte restava, in ordine, per Sant'Antonio e per i nostri Cosimo e Damiano, e le loro processioni erano affollatissime.
Anche per questo, oltre che per il dovuto rispetto per il patrono della città, i due santi avevano partecipato alla processione del quattro agosto: per portargli la loro solidarietà e fargli un po' di affettuosa compagnia.
Il giro non era più lungo degli altri, ma farlo in pieno agosto si faceva sentire eccome. La conformazione del paese, tra l'altro, era delle vecchie città storiche, e le salite erano non poche, attraverso stretti vicoli dove il calore accumulatosi durante il giorno cominciava a sprigionarsi proprio nelle prime ore serali. E poi le luminarie, obbligatorie per richiesta popolare, aggravavano il tutto.
I due santi viaggiavano invisibili, appoggiati al carro della statua, ma la fatica era notevole.
Poi, il giorno dopo, erano rimasti ospiti a pranzo dal festeggiato: c'erano Santa Reparata, compatrona, Sant'Antonio abate, che non aveva disdegnato di portare con sé qualche animale di piccola taglia, Sant'Antonio da Padova ed infine Sant'Andrea Apostolo. Lo stile di vita dei Santi è notoriamente molto sobrio, ma trovarsi in compagnia è anche per loro una bella occasione ed il cibo, si sa, quando si è tra amici, scende molto più facilmente, cosi come il vino. Perché l'amicizia è tra le prerogative della santità.
ll piatto fotte era stato, come da tradizione, la "parmigiana di melanzane", e poi gli ziti al forno ed il cocomero: su tutto un vinello locale servito fresco al punto giusto.
Il giomo dopo ci sarebbe stato il "concertino serale" ed i fuochi d'artificio, ma non erano cose da santi.
Aveva preso anche a ronfare, il buon Damiano, e a Cosimo non parve cosa più giusta che scuoterlo ripetutamente, perché aveva proprio una gran voglia di parlare.
- Su, su, Damià, cerca di star sveglio. Tra poco suona il vespero, arrivano i fideli... non ci fai una bella figura!
- È vero, è vero - rispose farfugliando Damiano - mi son fatto vincere dal sonno, ma quella parmigiana era un po' pesante a digerirsi, e poi quel vinello di Versano... !
- Certo che le parmigiane di una volta erano proprio un'altra cosa! Si sentiva quel sapore unico, dolce, e poi il sugo ed il basilico... la mozzarella di una volta! Tutta un'altra cosa!
- Cosimì, non è che io ci provo gusto a contraddirti, ma le melanzane, la mozzarella, il sugo, il basilico, non è che possono tanto cambiare: quelli sono sempre come il Padreterno li ha creati; ci sono stagioni in cui sono più saporiti perché hanno preso più sole, o più acqua o il naturale alternarsi della fioritura è stato più favorevole, ma il sapore non può cambiare tanto come sembra a te. Sei tu, Cosimo, sei tu che cambi continuamente, sei tu che ora hai cento anni in più di quando gustavamo la parmigiana di San Paride nel refettorio del seminario, allora cosi affollato. Il tuo assaporare le cose era diverso; e poi anche il contesto, la compagnia, il tuo stato d'animo ti fanno apparire le cose ora in un modo ed ora in un altro, ora più belle ora meno, ora più buone ed ora meno. Non cambia la lunghezza, cambia la misura.
- Ma che vuoi dire?
- Voglio dire che ancora una volta siamo noi ad avvertire le cose esterne in maniera diversa a seconda di infinite combinazioni. È la nostra misura che cambia: la distanza tra due punti resta sempre la stessa, ma se noi usiamo il metro avrà un valore, se usiamo la yarda altro o il miglio altro ancora. Quel che ci circonda è sempre relativo a noi.
- Allora noi siamo il centro dell'universo e l'unica cosa vera è la nostra capacità di avvertire quel che ci circonda.
- Certo, ma non è un valore assoluto, proprio per le infìnite variabili a cui è soggetto. È però importante comprendere che è nell'uomo e solo in lui la misura di tutte le cose. Anche la ricerca di valori assoluti diventa difficilissima, se non impossibile, proprio perché è difficile far coincidere una medesima misura in tutti i miliardi di uomini che si sono succeduti e si succederanno sulla faccia della terra. Non c'è religione, non c'è morale, non ce filosofia, non c'è politica che sia rimasta intrasformabile, uguale a se stessa, perché valore assoluto.
- Ma non può essere, esistono delle cose che io sento dentro di me e che sono certo sente tutta l'umanità: come la necessità di non fare del male, di non danneggiare gli altri uomini, e questi non sono valori assoluti?
- Ma tu hai mai pensato cosa fosse il valore di una vita umana nella storia passata? Hai mai pensato al numero infinito di vittime di altri uomini, dalle arene romane ai campi di sterminio nazisti, agli attacchi terroristici di oggi? Hai mai pensato che ancora oggi esiste nel mondo la schiavitù? E se un uomo oggi pensa di poter uccidere un suo simile è perché lui è la misura anche di quell'azione ed in quel momento, per chissà quali oscuri motivi, per lui il "valore assoluto", che chiameremo bene, coincide con il far del male! Ho saputo che l'altro giorno ti sei fatto un lungo giro in macchina, vero?
- Sì, si. È stato bellissimo, mi ha portato San Cristoforo, il patrono degli automobilisti: lui ha una stupenda Porsche. Ce ne siamo visto proprio bene, filava come un razzo. E poi come si stava freschi, aveva l'aria condizionata.
- Proprio qui ti volevo: hai guardato quanti gradi segnava l'indicatore dell'aria condizionata?
- Mi pare 22 gradi, ma si sta va proprio bene.
- ...certo, perché all'esterno c'erano 28 gradi e tu avvertivi quell'aria come fresca. Ma d'inverno, quando all'esterno ci sono dieci gradi, quella temperatura di 22 gradi ti sembrerà caldissima. In ogni caso essa sarà sempre fissa a 22 gradi, ma a te d'estate parrà fresca e d'inverno calda.
- Ho capito: sono io la misura del caldo e del freddo. Ma perbacco almeno i 22 gradi, proprio per la loro immutabilità, costituiscono pur sempre un "valore assoluto "!
- E no! I gradi, come il metro o il miglio, sono solo lo strumento per quantizzare una situazione che a te potrà apparire calda o fredda, così come cento metri possono sembrare tanti a te e pochi a me, oppure tanti o pochi anche solo a te stesso a seconda che ti separino da qualcosa di piacevole o di brutto. Se ti insegue un malandrino cento metri di distacco ti sembreranno pochi, se hai sete, e ti separano da una fonte, ti sembreranno tanti.
- È vero! Ma se in questi casi abbiamo dei parametri fisici oggettivi di misura, in altri casi, come per la valutazione del bene e del male, non abbiamo neanche quelli. Ho capito bene?
- Hai capito benissimo; però se tu, d'estate, dici che c'era un caldo di trenta gradi, puoi dare al tuo interlocutore solo una vaga indicazione, ma non puoi comprendere se lui avrebbe avvertito il tuo stesso disagio. Se lo dici ad un eschimese, probabilmente si squaglierà solo all'idea, mentre un africano potrebbe provare un brivido di freddo. Sarà sempre I'uomo a giudicare le cose, e quasi mai le giudicherà come te. Figurati se vai a spiegargli cosa secondo te è bene e cosa è male!
- Ma ci sarà pure infondo a me ed ad un altro uomo qualcosa di molto simile, se non di eguale, che ci faccia convergere su punti di giudizio comune?
- "L'Universo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me", diceva Kant. Ma di questo parleremo appresso, ora stanno arrivando i fedeli. Su, bisogna mettersi a posto nelle nicchie.
Quel gran parlare lo aveva decisamente svegliato e gli aveva favorito la digestione; in verità faticò un poco a salire sui gradini della nicchia, ma la colpa era anche degli oltre millesettecento anni.
Cominciavano a pesare.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 3 Marzo)