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Cose così,... di fantasia!

 

La notte, quella notte, pareva scorrere tranquilla; il pregnante odore di cera era il solito, il bagliore di quella lampada elettrica che imitava una fiamma ardente si diffondeva tremulo e monotono nel suo movimento ripetitivo, illuminando a tratti il grande crocifisso che dall'alto dominava dalle acquasantiere al tabernacolo; i fiori, ormai secchi, avevano chinato capo e stelo in atteggiamento di resa completa. Quel gatto nero, abitudinario e mistico frequentatore del sacro luogo, scuoteva a tratti le lunghe vibrisse, forse sognando immaginari topini, che pure, per rispetto alla solennità del luogo, non si era mai permesso di inseguire e catturare. Anche tra loro la serenità del posto infondeva pace e tranquillità.
Damiano dormiva sodo, russando come un trattore prossimo al collasso di tutti i suoi pistoni, e Dio sa per quanto avrebbe continuato a farlo se, all' improvviso, non fosse rintronato per tutta la chiesa, con la potenza del tuono di maggio, lo storico grido:
“SALUTO IL RE D'ITALIAAAAAAAA”.
Destarsi e balzare in piedi, per il povero Damiano, fu tutt'uno: il gatto schizzò via come una dardo con il pelo talmente arruffato che lo avreste scambiato per un istrice incazzato.
La capocciata che Damiano diede contro la volta della nicchia produsse un rumore talmente forte che persino i fiori parvero riacquistare inspiegabile vigoria, sollevandosi ritti sugli steli. La lampada elettrica aumentò il suo tremolio, quasi a diventare luminescenza fissa: in quel sacro luogo le leggi della fisica seguivano altre e più nobili modalità!
Agli occhi sgranati di Damiano si palesò uno spettacolo impensabile: dinanzi a lui, ritto come i fiori, a cavalcioni su uno scanno, la mano destra a brandire lo smorza candele d'ottone, il buon Cosimo, con un poncho rosso sulle spalle e una bandiera tricolore stretta in vita, sgranava gli occhi compiaciuto.
- Cosimooooo? Ma sei scemooooo?
- No. No…Ma ch'è stato?
- E lo vuoi sapere da me? Hai urlato come un assatanato!
- Scusa, scusami… ma…sognavo….sognavo Garibaldi. Sai stanno festeggiando da tanto, qui a Teano, che mi sono talmente immedesimato… e poi è bello: “saluto il re d'Italia”!
- Ma famm ò piacere, Cosimì… So' sei mesi che vai girando vestito da garibaldino; non ti pare ora di finirla, sta' sceneggiata?
- Sceneggiataaaa? Ma comme sceneggiata? Qui si è fatta l'Italia. Capisci? Si è fatta l'Italia! E non lo vuoi ricordare con qualcosa di grande, di immenso, di bello, di affascinante, che appena lo vedi ti colpisce e non te lo scordi più? Per esempio una stele marmorea posta in un fosso accanto ad un monumento che l'Amministrazione non ha mai digerito e che fino a ieri voleva rimuovere?
- Ma sei serio, o vuoi sfottere appena mattina?
- E ti sembra che io, così bardato, voglio sfottere appena mattina? Tu non sai che cosa sono state le celebrazioni, non sai quanto siamo stati tutti grandi: l' Amministrazione Comunale sempre al completo, maggioranza e opposizione, e sempre presente, le bande e le fanfare, i nutriti convegni, le staffette, le corse di biciclette, le auto d'epoca. Peccato che mancavano i venditori di palloncini, gli artisti di strada, i madonnari e i venditori di “pér e musso”. Mancavano gli antichi sapori, questo è vero. E c'era anche il sindaco di Vairano: prima il nostro è andato là e poi lui è venuto qua, poi di nuovo quello è andato là e questo è venuto qua… troppo bello! Se ci fosse stata anche Anita Garibaldi sarebbe stato tutto ancora più bello…
- Cosimì, ma te lo sei sognato o sei rimasto al film dell'anno scorso?
- Ma qua sognato, Damià Ma tu l'hai vista quella stele apposta accanto al monumento? Quella manco Canova sarebbe riuscito a farla così bella, di marmo cinerino, squadrata come diamante, alta ed imponente come un obelisco: e quella scritta, quella scritta… C'è tutta la nostra storia in quella scritta! Chissà quale testa di… genio l'avrà pensata! Ma vuoi scherzare?
E più parlava più si accalorava, il buon Cosimo.
Poi, all'improvviso si bloccò, di nuovo sgranò gli occhi, se li stropicciò e si guardò lentamente attorno:
- Scusami Damià, ma mi sono svegliato appena ora: mi sentivo un po' frastornato; ero ancora tra veglia e sonno, sai è da tanto che non dormo. Forse ho detto qualche… stronzata?
- Noooo, Cosimì e come lo puoi pensare? Tu sei un santo come me, e noi di stronzate non ne diciamo. Almeno quando siamo svegli. Jammoce a piglià nù bello cafè: è meglio per tutti e due. Anzi diamo pure qualche croccantino a quella povera bestia di gatto che per la paura sta ancora nascosto sotto al confessionale. Viva l'Italia!
La moka sbuffava sul fornellino elettrico; col suo gorgoglio riempiva il cuore di speranza.
Come faceva ogni mattina, da quasi duemila anni!

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 4 Aprile)