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"Le Potecarelle"

 
Ovvero la supposta arte del "dimissionario a piacere"!
 

Pur con la piena condanna che ogni dittatura, specie se efferata come quella di Gheddafi, comporta, e con l'umano sdegno per una esecuzione preceduta dal linciaggio e mediaticamente trasmessa tra il compiacimento di molti, mi pare che il Colonnello libico abbia mantenuto sino alla fine una sua propria coerenza. Si può essere coerenti anche nel male, certo, ma qui il giudizio su di essa prescinde da ogni sua manifestazione. Avrebbe forse potuto salvare se stesso e parte dell'ingente patrimonio accumulato sulle spalle dei suoi sudditi, ma ha preferito combattere fino alla fine in una guerra che sapeva persa e che non poteva terminare con epilogo diverso. Ma non si è rifugiato in porti sicuri.
Non possiamo dire che la stessa coerenza sia una dote di tanti nostri compaesani impegnati con precise responsabilità, ora e nel passato prossimo, nella amministrazione della città.
È da anni invalsa la moda che, dopo aver fatto parte a pieno titolo di una amministrazione, condividendone tutte le scelte, all'avvicinarsi di una nuova chiamata elettorale, molti amministratori comincino a manifestare distinguo e a prendere distanze dagli amici di governo, fino, sovente, alla rottura definitiva del loro impegno.
È successo, ma sempre alla fine del mandato, che assessori con importanti deleghe si dimettessero per iniziare una campagna contro gli amici di ieri; e sta succedendo anche adesso.
Il discorso è semplice: quando ci si accorge che nulla è stato fatto e la barca sta affondando, si salta giù cercando di far credere che quel che male si è fatto prima non dipende da loro, ma dagli altri, da quelli che sono rimasti. Loro, invece, sono i più bravi: se non si è fatto quel lavoro o non si è preso quel provvedimento sono sempre stati gli altri, quelli che restano, a comportarsi male. Loro lo avevano sempre detto, fino a quando, ma solo a ridosso di elezioni, non ce l'hanno fatta più, e se ne sono andati.
Si lascia trascorrere un po' di tempo, ma non molto, per depurarsi, o “spurgare” come “escargots”, e poi ci si ripresenta belli candidi (secondo loro) a sostenere, a parole, tutto il contrario di quello che si è praticato o appoggiato, a fatti, fino ad ieri. Et voila!
L'arte del “dimissionario a piacere” sta comunque nel fatto di non dimettersi mai “totalmente”; è sempre buona norma conservare agganci ed entrature, almeno per i primi tempi, in modo da lasciarsi la possibilità di un rientro dalla finestra, dopo essere usciti dalla porta, se le cose dovessero mettersi male. E poi è sempre bene patteggiare fino all'ultimo con un peso diverso, accresciuto dalle dimissioni.
“Potecarelle!” le definirebbe un mio colorito amico. Ma c'è ancora chi ci crede, tra gli elettori?
In qualche occasione questi hanno dimostrato molto palesemente di non volersi lasciar prendere per i fondelli. Ma non si può mai sapere: la memoria per certe cose è corta e a gabbare il prossimo non ci vuole poi tanto.
Manca ancora parecchio alle prossime elezioni comunali, è vero, ma già si affilano i coltelli, si studiano le strategie, si valutano alleanze: gran perdita di tempo, perché la storia ci insegna che tutto può cambiare fino al giorno di presentazione delle liste. Ma intanto si crea o si rafforza una presenza.
Questo non guasterebbe, ma il rammarico deriva dal fatto che la creazione o il rafforzamento di una presenza non nasce o si sviluppa in settori d'opinione, in gruppi schierati di elettori, in persone partecipi degli accadimenti politici, in grado di analizzare criticamente e di sviluppare programmi. La presenza è fine a sé stessa, rivolta a dialogare non con l'elettore per fare questo o quello, ma con il probabile collega con cui formare una lista vincente, fosse anche il collega dal quale ci si è appena staccati con le dimissioni.
Cari “dimissionari a piacere”, parlate con la gente; dite perché avete fatto una seconda scelta contraria alla prima; spiegate dove avete sbagliato o cosa vi ha fatto sbagliare e, se dovete rinnegare, fatelo fino in fondo, in modo aperto e plateale e, soprattutto, incontrovertibile.
Ne va della vostra credibilità.
E sapeste oggi di quanta ce n'è di bisogno!

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 11 Novembre)