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Chi fa la storia?

 

Tre letture per aiutare a comprendere

Per un appassionato di storia, o di filosofia della storia, la biografia di un personaggio importante costituisce pur sempre un momento di particolare interesse perché, da un lato, essa lo contestualizza al periodo vissuto, facendo rivivere a noi gli avvenimenti attraverso i suoi comportamenti, filtrandoli, nel contempo, attraverso la sua sensibilità; e ce li rende attuali, quasi contemporanei. D'altro lato ci fa comprendere quanto questi elementi esterni abbiano influenzato i suoi comportamenti, contribuendo a dettare il suo pensare ed il suo agire. La comprensione e, perché no, la partecipazione del lettore diventa allora totale, fin quasi ad una immedesimazione col personaggio e nel momento storico vissuto.
E leggere la storia diventandone quasi parte si rivela una suggestione irripetibile, che fa spaziare la mente di chi, a differenza del soggetto della biografia, conosce quel ch'è accaduto dopo e rielabora cause ed effetti, volendo superficialmente dare per scontato che la Storia sia solo un dipanarsi di cause ed effetti.
Mi viene allora spontaneo suggerire la lettura di tre interessantissimi libri che, sotto una mentita presentazione biografica, analizzano i personaggi derivandone l'essenza psicologica dai comportamenti, spontanei fin quando possibile, ma in ogni caso mai completamente alieni alle influenze del loro tempo ed alle circostanze che contribuiscono a crearne l'essenza.
Riguardano quattro personaggi che non potrebbero, apparentemente, essere più distanti tra loro nella valutazione superficiale del ruolo storico di cui sono stati attori: Socrate, Cristo, Pilato e Napoleone.
I primi due vittime, gli altri comunque portatori di morte. I libri sono “Indagine su Socrate” di Maria Michela Sassi, “Ponzio Pilato” di Aldo Schiavone e “Napoleone” di Luigi Mascilli Migliorini.
Le affinità tra Socrate e Cristo, nella sua umanità facente parte o no di un progetto divino ma comunque profondamente vissuta, sono esaustivamente esplorate, e riguardano soprattutto due punti: la predicazione di pensieri sconvolgenti per l'epoca, il bene, la virtù, l'anima e la sua cura, il Dio, che Socrate cita continuamente; e l'accettazione della propria morte violenta come suggello di questa attività, come inevitabile finale di quel loro ruolo, affrontata serenamente da entrambi in virtù del loro profondo amore, di Socrate per la sua città e di Cristo per l'umanità intera.
Ancora il processo ch'essi da innocenti subiscono e che li vede giganteggiare di fronte agli accusatori: e non a caso la Sassi afferma che la storia dell'Occidente nasce da due clamorosi errori giudiziari, quelli, appunto che portarono l'uno a bere la cicuta e l'altro ad essere affisso ad una croce.
Il discorso continua nel libro di Schiavone, Ponzio Pilato, nel quale si narra del processo a Gesù; non una seduta giudiziaria alla presenza di avvocati, pubblici ministeri e cancellieri, ma un semplice lunghissimo dialogo, durato una notte intera, tra il figlio di Dio e il Procuratore romano. Una profonda e sottile indagine psicologica dei due personaggi che ne stabilizza i ruoli, presentandone aspetti molto verosimili che ne spiegano atteggiamenti a volte troppo superficialmente affidati solo al racconto religioso. Ne emergono due uomini di grande personalità, ognuno fortemente legato a quel proprio ruolo tanto da incrementare sospetti sulla predeterminazione della storia, che non poteva, anche in quel caso, svolgersi diversamente da come si è realizzata.
Di senso diverso il terzo libro, Napoleone, nella lettura del quale si dipana una disamina lucida e determinata delle azioni dell'uomo, tutte dettate da pensieri politici, aspirazioni, ambizioni e sentimenti di non comune spessore, ma anch'esse, in ultima analisi, inevitabili. Non il soldato cruento amante della guerra e portatore di morte, ma lo statista che afferra i nuovi princìpi nati dalla Rivoluzione e, tenendoli ben stretti, con mano salda li salva dal loro progressivo dissolversi e li sparge su tutta l'Europa
Resta l'annoso irrisolto quesito: è la storia che crea i personaggi, o sono degli uomini al di sopra di ogni media, che creano la storia?
In conclusione non si può studiare questa senza conoscere profondamente quelli perché se è vero che la storia la fa comunque tutta l'umanità, è pur vero ch'essa si serve, per attuarla, dei suoi uomini migliori.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 1 Gennaio)