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C'è burrasca sulla Manica

 
l'Europa è isolata!
 

È l'aforisma più noto per descrivere il carattere isolazionista, individualista e forse un po' superbo del popolo inglese.
Sul recente risultato del referendum inglese sarà già stato proferito un miliardo di considerazioni: mi sia concesso di proferire la miliardesima e una!
E voglio farlo partendo da un altro aforisma, sempre di un inglese, Charles Dickens: “Signore, mandami sempre la fortuna di comprendere la fortuna che mi mandi !”. Settant'anni di pace europea non sono bastati a far apprezzare la bontà di quella iniziativa nata sul finire degli anni cinquanta mirante a creare l'Unione Europea. I vari hooligans, tanto per fare un esempio, fossero nati settant'anni fa, non avrebbero avuto il tempo ed il gusto di devastare pacifiche città in tutta Europa in nome di un banale tifo calcistico: li avrebbe fermati molto prima la sventagliata di una mitraglia tedesca, o di altra nazione, in una delle tante guerre che hanno funestato per millenni il nostro continente!
Ma il Signore non ha voluto concedere agli inglesi in generale la fortuna di comprendere la fortuna che ha mandato loro: a farli vivere oggi in un continente comunque pacifico, con identità ideologiche grandemente affini, da anni senza frontiere doganali e di dazio, di libera circolazione degli uomini, delle merci e delle idee, con una moneta comune che comunque, al di là di ogni considerazione strettamente economica, facilita gli scambi ed i viaggi dei singoli individui.
Ed hanno anteposto a questo dato di fatto altri di aspetto diverso. Certo i padri fondatori non si aspettavano che il compito dell'UE si sarebbe esplicato soprattutto nello stabilire la lunghezza delle melanzane o il calibro dei piselli, o la quantità di latte da produrre; e tantomeno che il maggiore interesse delle nazioni sarebbe stato esclusivamente quello economico, senza una minima coesione politica, né interna né estera. Senza una “costituzione”, base di ogni aggregato umano, che il popolo francese si affrettò a far decadere votando no al previsto referendum. Ma ad un aggiustamento “politico” si potrebbe comunque pervenire: occorreranno certamente molti altri anni, ma avremmo almeno la certezza che sarebbero anni di pace, comunque costruttivi.
Su questa “debolezza” europea si è poi improvvisamente, ma non imprevedibilmente, abbattuto il fenomeno migratorio di massa: milioni di profughi e di migranti hanno cominciato ad invaderla, e l'Europa ha cominciato a sbandare, a non sapersi organizzare, a non saper fronteggiare unitariamente un fenomeno di portata mondiale, ma comunque pacifico.
Abbandonare la speranza di un futuro unitario certamente migliorabile, ma comunque già solido nell'aspetto più valido della coesistenza pacifica, appare a tutto il mondo raziocinante una scelta assurda. Nella Storia non si fanno passi indietro, non si può mai tornare al “quo ante”: pensare di poterlo fare è la negazione dell'intelletto. Nel dipanarsi della Storia oggi non è come ieri e neppure domani sarà come oggi. Tornare indietro di settant'anni è paradossale!
A cinquantuno inglesi su cento questo non è parso vero, ed hanno votato la Brexit.
Il rischio peggiore, a mio modestissimo avviso ben più grave dei terremoti borsistici e monetari, è il paventato “effetto domino”: che cioè altri popoli giudichino l'unione solo per il suo aspetto vessatorio sulle dimensioni delle banane e sullo spread e non per il grande periodo di pace che comunque, nel bene o nel male, ci ha garantito.
Potrebbero abbandonare anche loro.
E sarebbe la fine di uno dei più grandi propositi mai pensati e tentati dall'uomo.
Che il Signore mandi a tutti la fortuna di comprendere la fortuna che manda loro!
In fondo in fondo non ci ha creato irrimediabilmente stupidi!

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 6 Giugno)