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A proposito di "preghiere in vernacolo"
 

Verbu re dio…
Quale cultore di dialetti e letteratura popolare, ho letto con molto interesse, sul numero di gennaio 2015 de il Sidicino, le due preghiere in vernacolo, proposte dalla collaboratrice Esterina de Rosa, che già conoscevo per un suo volumetto sulla grammatica: mi riferisco a “Verbu re diu” e all'altra che s'inizia con “Haai me!” ecc.
Su entrambe mi piace fare alcune considerazioni. In generale devo osservare che i testi popolari – chi sa dove nascono e chi ne è l'autore! – passando di luogo in luogo e di bocca in bocca, subiscono più o meno profonde trasformazioni; è interessante perciò, quando è possibile, metterli a confronto; ed è proprio il caso della “razione” (cioè “orazione”) “Verbu re diu”.
Quella da me raccolta risale all'estate del 1997; a riferircela fu la signora Concetta Cicala di Pignataro Maggiore, nata nel 1920 (ancora vivente), suocera del M.llo Pinuccio Ricciardi, consigliere degli Amici della Musica, che fece da tramite.
Ecco dunque il testo: “Verbu re Dio voglio rice / Verbo re Dio Nostro Signore / lavuranno a ora a ora. / Che Croce jàuta e bella: / nu vraccio 'ncielo / e n'ato 'nterra. / San Giuanno cino 'e rose / e arrefriscammo sta rosa. / Peccatore e peccatrice, / chi sape lu Verbu re Dio / che se lu rice! / Chi nun lu sape / se l'abbìa a 'mparà / 'mpunte re morte / saremo addumannate / cu na mazza de ferro / e n'ata de granata / addreto a chella valle / ce sta Madre Maria / Scamperò! Amen!”.
Qualche nota al testo: jàuta (o gàuta) = alta; cino = pieno; abbìa = avvìi, incominci.
Confrontando i due testi, si può notare come gli elementi essenziali siano presenti in entrambi: alcune frasi e immagini ricorrono uguali; nel complesso si deve dire però che quello raccolto dalla De Rosa è più ampio e anche meglio strutturato. Il testo riferito dalla Signora Concetta in alcuni punti è poco chiaro (S. Giuanno cino 'e rose …); quello della De Rosa lo chiarisce! Vanno comunque sottolineate alcune rime: Signore-ora, bella-'nterra, peccatrice-rice, addumannate-granata.
Quelle figlie e quelle spose…
Passando all'altra “orazione”, mi soffermo in particolare sulle espressioni “con le figlie … per pietà”, che rinviano ad una giaculatoria che spesso ho ascoltato cantare in chiesa: “Quelle figlie e quelle spose,/che son tanto tormentate, /o Gesù, Voi che l'amate, /consolate per pietà!”. Si tratta, come si vede, di una quartina di ottonari, di cui il quarto è tronco, con rima tra il secondo e il terzo e rimalmezzo con il quarto. Il popolino, accogliendo la giaculatoria e inserendola in una sua “orazione” per le anime del Purgatorio, l'ha adattata e addirittura le anime “tormentate” si sono “addormentate”. Potenza del genio popolare!

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XII 2015 - n. 3 Marzo)