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Sulle Filastrocche
 

Esprimo il mio più sincero apprezzamento alla ricercatrice E. De Rosa per la raccolta di filastrocche che di volta in volta vengono pubblicate su “il Sidicino”. La sua è un’opra assai meritoria perché in tal modo viene a salvarsi e conservarsi tanto materiale di letteratura popolare che altrimenti andrebbe per sempre perduto.
Fatta questa dovuta premessa, mi si conceda di fare alcune osservazioni con particolare riferimento alle filastrocche del n. 12, anno XII, pag. 5.
Informare il lettore che per la maggior parte esse vengono per così dire recitate, come accompagnate da motivetto che si riduce ad una monotona cadenza. Alcune di queste hanno attirato l’attenzione di studiosi quali Salvatore Palomba e Roberto De Simone:  il primo raccoglie nella sua Storia della Canzone napoletana “Iesci sole” (pp. 239-240) e “Cicerenella” (p. 208); il secondo la medesima Cicerenella per la Nuova Compagnia di Canto Popolare, riportandone ben 12 strofe.
Sarebbe opportuno, a mio parere, dedicare a queste filastrocche qualche annotazione sul significato complessivo e/o su singoli termini: per esempio l’espressione “pizzi pizzi trangulu” potrebbe essere messa in relazione con l’albero del cetrangolo (?).
A proposito di “seta-setacciu”, credo che il secondo verso sia errato nella interpretazione: non si tratta dei “fiori”, bensì del fior di farina (come giustamente nel v, 4.
Per concludere, esprimo la mia grande meraviglia nel veder riferita l’ultima “Arrivàimo alla taverna”, che è di mia invenzione. Nelle mie ricerche, mi è capitato di ascoltare dalla viva voce di una anziana donna di Pignataro (Antonietta, soprannominata Scapiccione) varie strofette di canto popolare, tra le quali le prime due di “Arrivàimo”, alle quali con un po’ di fantasia ma anche di sano ragionamento aggiunsi le altre, immaginando trattarsi delle varie tappe di uno dei soliti viaggi compiuti dai “vaticali” pignataresi per raggiungere il mercato (per es.) di Maddaloni. L’importante in questo tipo di canti è trovare una rima o almeno qualche assonanza.
Il distico finale è stato adattato dalla ricercatrice che fa concludere il viaggio dei carrettieri a Teano, mentre nell’originale si parla di Pignataro, di cui lo storico N. Borrelli riporta il detto “Pignataro-renari” così detta per l’attività assai lucrosa dei commercianti pignataresi.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 1 Gennaio)