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Calvi grande amica di Cicerone. Un'amicizia, una guida,

dimenticata
 

L'amicizia di Calvi, o meglio, dell'antica città di Cales con il grande Marco Tullio Cicerone non è mai stata posta sufficientemente in risalto. Né d'altra parte in paese c'è un' epigrafe (in Comune) o una strada, a lui intestata, che lo ricorda. Eppure tra i due c'era un rapporto di grande stima e considerazione. Diversi calvesi, infatti, si guadagnarono la sua amicizia e lo stesso Cicerone lo riconosce più volte nelle sue Lettere ad Attico e nelle sue Lettere Familiari.
Particolarmente interessante è la lettera che il grande magistrato ed oratore romano scrive a Dolabella in favore di due nobili calvesi fatti prigionieri da Cesare presso la città di Munda in Spagna: Gaio Suberino e Marco Planio Sterede. È interessante notare come i due caleni, vengono considerati da Cicerone suoi “Familiari” e lo stesso Municipio caleno viene definito “amico”.
Cicerone chiede all'amico Dolabella il favore di farli ritornare in patria, a Calvi, pregandolo che per mezzo suo, “possa soddisfare al desiderio del municipio Caleno, col quale io tengo stretta amistà”. Non una semplice conoscenza quindi, ma un'intima, stretta amicizia. Del resto non era la prima volta che il Santarpinese parlava di Cales, la prima Colonia latina in Campania, Prefettura e Municipio romano; lo aveva già fatto in altre sue opere: nella dodicesima Filippica aveva parlato dell' incontro tra Scipione e Silla avvenuto a Torricelle presso Cales e dell'Anfiteatro edificato nel I sec. d. C, nel secondo libro della Legge Agraria aveva parlato di Cales tra le colonie romane, nella seconda Orazione “Contro Rullo”, al cap. 35°, aveva ricordato del Municipio caleno e poi ne aveva parlato nelle lettere Ad Attico e nel IX libro delle “Familiares”. In particolare nella bellissima Lettera “A Dolabella”. Qui aveva scritto di Suberino Caleno e di Marco Planio Sterede parole di grande affetto. Scrive il grande oratore: “Gaio Suberino Caleno è mio famigliare, e strettissimo amico di Lepta famigliarissimo nostro. Questi essendo, per ischifare la guerra, andato in Ispagna con Marco Varrone con animo di starsene in quella Provincia, nella quale niuno di noi, dopo che fu superato Afranio, credeva che dovesse rinascere alcuno strepito di guerra; dette a punto in que' mali, che s'era ingegnato di schivare: perché all'improvvisa fu colto da una guerra, la quale mossa primieramente da Scapula, fu poi talmente rinforzata da Pompeo, che in guisa niuna Suberino potè da quella miseria svilupparsi. Quasi ne' medesimi termini si ritrova Marco Planio Sterede, il quale similmente è Caleno, famigliarissimo di Lepta nostro. Costoro adunque amendue ti raccomando con quella caldezza, e con quell'efficacia, che posso maggiore e desidero di far lor servigio non solamente per l'amicizia, ch'io tengo con esso loro, ma ancora per una certa mia naturale umanità... Laonde quantunque io abbia assai volte per prova conosciuto quanto sia l'amore, che mi porti: nondimeno tieni per certo, che io sono per farne più risoluto giudizio nella presente occorrenza. E perciò ti prego ad operare che questi due Caleni miseri, non per colpa; ma per fortuna, alla quale ogni uomo soggiace, non ricevano alcun danno; acciocché io per mezzo tuo faccia loro questo servigio, e possa soddisfare al desiderio del municipio Caleno, col quale io tengo stretta amistà... Dico adunque, che l'uno di questi ha molto poca roba, l'altro appena tanta che basta a grado di cavaliere. Perché poiché Cesare per sua liberalità gli ha donata la vita, oltre alla quale non hanno molto che perdere, vedi d'impretar grazia, se m'ami tanto, quanto certamente mi ami, che si possano ritornare a casa. Nel che non avanzano altro che un lungo cammino il quale non sia lor noioso per poter vivere e morire co' suoi. La qual cosa ti prego a sollecitare con ogni sforzo, e a stringerla, ovvero più tosto a recarla ad effetto; perché mi ho persuaso, che tu possa farlo. Sta sano”.
Cales, quindi, diventò Municipio molto tempo prima della Guerra Sociale. Di sicuro, infatti, era già Municipio nel II sec. Ce lo conferma Cicerone nella seconda orazione “Contro Rullo”: dove scrive ”Calenum Municipium complebunt.” e nella 13^ Lettera delle Familiari (libro 9), quando raccomanda Cajo Suberino Caleno a Dolabella: “Velisque per te me hoc muneris, cum ipsis amicis hominibus, tum Municipio caleno, quo cum mihi magna necessitudo est, tum lepte, quem omnibus antepono, dare”. Queste parole di Cicerone a Dolabella ci fanno capire che lui chiede la grazia per i due amici ma anche per l'intera città di Cales che aveva chiesto a Roma il suo ritorno dall'esilio. Una città che aveva eletto suo patrono e difensore. E che come ripete nelle sue Lettere ad Attico lo aveva ospitato tra le sue mura numerose volte (v. Lettera 13). A questo punto vorrei lanciare un appello all'amministrazione calena: perché non sistemare nell'aula consiliare di Calvi Risorta una piccola lapide che ricordi questo celebre oratore, amico intimo e protettore dell'antica Città di Cales? Sarebbe un atto di stima e riconoscenza per un grande avvocato che ha difeso non solo i Caleni, ma le stesse terre della Città di Cales nel foro romano. Un atto di riconoscenza per un uomo che non è stato solo un grande oratore, ma anche filosofo, scrittore, politico, sacerdote, senatore, questore, accompagnatore, girovago per mestiere ed amante delle antichità. Sicuramente una guida da seguire: affermando che la storia è "vita della Memoria", ci sprona e ci fa sentire eredi del nostro patrimonio archeologico e culturale per tramandarlo alle future generazioni. A tal proposito è sufficiente ricordare che, quando fu Questore in Sicilia, scoprì la tomba del grande Archimede. Che il grande oratore sia da guida, e faccia "da cicerone", anche ai Caleni.

Paolo Mesolella
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 12 Dicembre)