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Indice Paolo Mesolella
 
 

Sparanise. Scoperta una testimonianza iconografica e

documentaria di 152 anni fa che apparve il 2 febbraio
1861 su “Le Monde Illustrée”. Il corteo funebre di una
diciottenne morta di malaria
 
 

Un grande regalo di Natale. Un regalo inaspettato che deve essere senz'altro conosciuto dagli Sparanisani. L'altro giorno è arrivato al mio indirizzo un plico che conteneva un'incisione bellissima di Verdeil che illustrava un prezioso articolo del corrispondente francese Charles Yriarte, apparsi 152 anni fa (il 2 febbraio 1861) sul numero 199 de “Le Monde Illustrée”, in occasione del V anno delle sue pubblicazioni. L'articolo (e la relativa incisione) è intitolato “Enterrement di une Jeune fille à Sparanisi” e rappresenta una testimonianza iconografica importantissima, sia in virtù dei suoi 152 anni di vita, sia perché parla di Sparanise, allora borgo sconosciuto dell'agro caleno. La bellissima incisione, con il relativo articolo, sono stati rintracciati da Giovanni Di Feola, squisito studioso e custode di storie patrie, residente a Gaeta ed illustrano il corteo funebre di una giovane donna sparanisana di 18 anni, morta a causa della malaria che in quegli anni affliggeva il paese, pubblicati sul prestigioso giornale francese. Sia l'incisione che il testo dell'articolo, (nel 1865 l'incisione xilografica fu anche acquerellata a mano da Gustave Janet), meritano di essere pubblicati per almeno quattro motivi: primo perché rappresenta una preziosa testimonianza iconografica, secondo perché ci ricorda il tempo della malaria in paese, terzo perché ci ricorda la grande devozione che gli sparanisani avevano per la Madonna (vedi le numerose edicole oggi scomparse, i rosari, le preghiere), quarto il pietoso rito della sepoltura (al quale partecipava l'intero paese, con le congreghe, le spighe di grano e per ultimo ci dà alcuni elementi per la ricostruzione della vecchia Sparanise: ci ricorda l'oste Luigi, Via le Castagne, il Corso dove allora iniziava il paese, gli altarini, le fienarole, il braciere, la canzoni napoletane. Trascrivo il racconto (tradotto dal francese) dell'accorato viaggiatore francese: un corrispondente di guerra, probabilmente militare dal momento che si reca al Corpo di Armata a Gaeta. Dove tra l'altro assisterà e scriverà la cronaca dell'assedio. Molto bella è anche la figura di Luigi, l'oste che “fumava la sua pipa di lazzarone” e che per riconoscenza accompagna lo stupito viandante per sei ore, a piedi, fino a Gaeta. È una bella storia. Ho scoperto, infatti, che il viaggiatore Charles Yriarte, l'ospite dell'oste Luigi, era un corrispondente di guerra del settimanale “Le Monde Illustrée”, e nello stesso numero dove ci sono l'articolo e la stampa del funerale di Sparanisi, è riportata la cronaca dell'assedio di Gaeta sempre a firma di Charles Yriarte. Questo grande viaggiatore francese e corrispondente di guerra, è nato il 5 dicembre 1832 a Parigi dov'è morto nel 1898, è stato uno scrittore francese nato in una famiglia originaria della Spagna. Ha studiato architettura alla École des Beaux-Arts di Parigi e nel 1856 divenne ispettore degli edifici governativi. Più tardi si unì all'esercito spagnolo come reporter de "Le Monde Illustrée" nella loro campagna in Marocco. Per la celebre rivista illustrata, ha viaggiato in Spagna e in Italia e dopo il suo ritorno nel 1862, ne è diventato anche l'editore. Nel 1871, infine, ha lasciato il suo posto di inviato ed editore per dedicare il suo tempo ai viaggi, trascrivendo le cui impressioni nelle sue opere. È il caso di questa singolare corrispondenza del 2 febbraio 1861, che descrive il “Corteo funebre di una giovane donna morta a Sparanisi”, probabilmente qualche settimana prima. Questo è il testo nella mia traduzione dal francese. <<Aveva tre figlie, il mio oste, di Sparanisi: la prima si chiamava Anna, la seconda Flora, la terza... oh! la terza, si chiamava Caterina. Che aria di festa donavano alla casa! C'erano delle continue risate fresche e sonore, delle canzoni senza fine delle quali Caterina inventava lei stessa le parole, una poetessa con una grande fantasia; non vi è alcun dubbio che le ragazze amavano i bei cavalieri e i principi impazziti d'amore per le figlie dei pescatori. Quando Caterina era sola e le due più giovani sorelle non univano le loro voci alla sua, lei continuava ininterrottamente a cantare un bizzarro ritornello che raccontava la storia di una pescatrice di Sorrento, così bella, così bella, che il buon Dio l'aveva assunta per collocarla tra i suoi angeli. Un mattino, sua madre si accorse che le erano cresciute delle lunghe ali blu; lei le aveva aperte con un sorriso, e, volando un attimo sulla testa delle sue compagne, spiccò un volo eterno verso il cielo. Santa povertà! Dove potrò ritrovare i tre giorni di calma e di felicità che io ho trascorso in questo rifugio con la famiglia di Luigi!
Sto andando a piedi da Napoli a Terracina, fermandomi ad ogni cespuglio, sedendomi sotto ogni pergola, con il cuore leggero, felice di vivere ancora una volta, sulla grande strada, sotto il cielo blu. Avevo già attraversato Acerra, Cancello, Nola, la città etrusca, Maddaloni, Caserta, Santa Maria, Capua, la città di Annibale; poi, al mattino, io avrei ripreso il mio bastone ed il mio sacco e mi sarei rimesso in cammino. Al tramonto, avevo visto per così tanto tempo le “fienarole” che si trovano lungo la strada per offrire il fieno ai trasportatori che passavano, e avevo per molto tempo guardato l'effetto del sole sulle foglie ancora bagnate, che giunsi a tre miglia da Capua, in un villaggio chiamato Sparanisi. Avevo chiesto dell'osteria del posto e ognuno mi aveva indicato Luigi; ma era così raro tra Capua e Sessa, di incontrare un viaggiatore che voleva dormire a Sparanisi che il mio arrivo fu un evento. “Donna, puoi alloggiare questo giovane proprietario?” (Luigi mi chiamò “proprietario” ed è da lì, io credo, che deriva il mio debole per lui). Allora sua moglie, una rude contadina che svolgeva i compiti più pesanti, mentre Luigi fumava la sua pipa di Lazzarone, mi aveva scrutato rapidamente ed aveva detto: “Vedrai, vado a preparare un grazioso lettino”.
La sera, dopo una cena molto frugale, una lunga chiacchierata ed interminabili partite intorno al braciere, fui condotto in una grande camera imbiancata di calce. Un Gesù di cera era attaccato davanti alla porta e un lumino da notte era su una piccola mensa che formava un altare.
Il grande Gennaro dipinto con dei toni così violenti che un Giudeo Errante della fabbrica d'Epinal, (cittadina francese famosa nell'800 per la produzione di stampe popolari, antenate dei moderni fumetti) ci farebbe un quadro del Salvatore. Quanto al piccolo e grazioso letto, si componeva di un bancale di grano senza lenzuola.
Al mattino, il giorno entra attraverso le ante mal disposte di una robusta porta e disegna dei punti luminosi, mazzi di peperoncini di colore rosso che formano delle lunghe ghirlande appese da una parte all'altra della camera. Anna entrò di buon mattino, portando con sforzo, nel suo grembiule, grandi spighe di mais dorato. Che grazioso volto infantile, e che melodia quando mi ha augurato il buongiorno! Aveva quattro anni, la mia amica Anna. Entrai nella sala comune e tutti erano già in piedi. Giovannina, la moglie di Luigi, e Caterina sua figlia maggiore, erano vestite con i loro abiti più belli. Caterina piangeva e Luigi mi disse che poche ore dopo che mi ero ritirato in camera una sua vecchia vicina era venuta a cercare la giovinetta per vegliare una sua amica di infanzia che era morta di malaria. Strinsi la mano di Caterina e scendemmo tutti in paese: uno spettacolo singolare mi attendeva presso la prima casa di Sparanise. Immaginatevi con meno sfarzo, ma con tutta la stessa poesia, la cerimonia funebre di Tolla.
Quattro paesani vestiti di lunghi abiti bianchi con cappuccio, dietro i quali seguivano delle virili figure di contadini che portavano sulle spalle una culla dorata. Una giovinetta di 18 anni appena, adornata come una sposa, coronata di fiori d'arancio, e vestita di bianco, giaceva calma e sorridente, con le mani giunte su quel letto funebre.
Per donare a questa figura pallida come la cera vergine, l'espressione della vita, avevano pitturato le sue labbra di un rosso vermiglio molto acceso, e i suoi occhi erano aperti. Un piccolo crocifisso di ebano riposava sul suo petto. Il resto del corpo era nascosto sotto i fiori che gettava costantemente un gruppo di giovani donne che erano state sue compagne di infanzia.
Degli uomini in lacrime, con la testa coperta da certe maschere sinistre, con la barba lunga, che non lasciavano percepire altro che il fuoco degli occhi, seguivano il corteo, portando con le mani dei ceri accesi. Dietro, venivano l'anziana madre, le sorelle, i parenti, gli amici. Ognuno, con un cero in mano, salmodiava una lenta melodia funebre. La morte è triste per tutti, ma questa giovane era ancora per qualche giorno, il genio buono della sua casa. Aveva anche cancellato la gioia e le canzoni ... Si è spenta una sera all'ora che il sole si nasconde dietro il Vesuvio, e quando i fienaroli ritorneranno dai campi, non potranno più ascoltare la sua gioiosa canzone passando davanti alla porta semiaperta. Caterina mi domanda se volevo andare al cimitero, e quando le promisi che sarei ritornato con lei e sua madre, mi diede un cero acceso. Tutti si inginocchiavano al passaggio del corteo funebre, che si fermava ad ogni edicola della Madonna, interrompendo i canti funebri per recitare un'Ave Maria. Luigi ha voluto accompagnarmi fino al Corpo d'Arma (a Gaeta?) che io dovevo raggiungere; prese il mio sacco sulle sue spalle e accese la pipa. Giovannina mi augurò un buon viaggio raccomandandomi alla Madonna. Dopo sei ore di cammino, mi congedai dal mio oste di Sparanisi, dicendogli triste che non pensavo di poterlo più rivedere, lui e la sua famiglia. Lui mi baciò dicendomi le parole fatidiche degli Italiani:”Chi lo sa”>>.
Ovviamente, questa mia è una semplice ricostruzione storica: nell'articolo infatti si parla di un oste di Sparanisi di nome Luigi, che l'osteria era l'unica in paese e che stava presumibilmente in “Via le Castagne”, perché lì c'era l'edicola della Madonna che appare nella stampa e che è stata riconosciuta dal prof. Guido Parisi. Poi l'articolo ci ricorda che l'oste Luigi di Sparanisi, aveva sposato Giovannina dalla quale aveva avuto tre figlie Anna (che allora aveva 4 anni), Flora e Caterina (più grandi, ma delle quali non viene detta l'età). Ora, poiché Teresa Santoro nel gruppo “Sparanise com'era” parla della mamma di nome Anna Fiorillo. Non è escluso che, per via ereditaria, ci troviamo di fronte al suo bisnonno Luigi Fiorillo che pare abbia sposato proprio una donna di nome Giovannina. Per il resto la locanda in Via le castagne, il fatto che il viaggiatore pernottava nella locanda ed abbia visto passare il corteo fuori dall'osteria, cosa che si evince dall'altarino della Madonna; il fatto poi che abbia avuto una figlia di nome Anna ed altri elementi ancora che tralascio, rendono la ricostruzione se non possibile, almeno probabile.

Paolo Mesolella
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 1 Gennaio)