Pur nel disincanto avuto in dote dagli anni
e nell'affanno dei passi che risuonano
come pietre, trovo inatteso ristoro
nel silenzio di questo luogo, dove ancora
risuona l'eco delle fauci del drago,
orrendo custode delle acque
che un tempo furono del Savone.
Una pattuglia strana, silenziosa e superstite
ai lontani sacrifici mi accoglie e mi invita.
Rialzarsi è di sicuro la forza che nasconde,
la scorgo passare sulla luce dei volti,
tra le pieghe delle mani che confessano i secoli.
Tutti portano le stimmate della vita,
come Vittorio, che nel suo candido dondolio
coniò la massima: "meglio pochi che buoni",
come Cosimo che ride di gusto nel suo silenzio,
o come la nonna di Miriam
che è un fiume in piena
con la nonna di Adolfo
che la segue composta,
o come l'affilato Gerardo
che attraversa diritto
come antico cavaliere la navata centrale
col fuoco della veglia pasquale.
Credere, bisogna ancora credere
che gli uomini siano capaci di grandi cose,
che sappiano declinare
con semplicità l'amore,
colorare ciò che avvizzisce
nel groviglio delle vene
e sfuggire all'agguato dell'ala fredda
che rimane.
Giovanni Nacca
(da Il Sidicino - Anno XIV 2017 - n. 5 Maggio) |