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Indice Lucio Salvi
 
 

Nord e Sud

 

Mentre la maggioranza parlamentare il 15 ottobre ha esultato per l'approvazione della riforma costituzionale (federalismo, premierato, Senato delle autonomie), è il caso di ricordarne la valenza in senso leghista. È il caso di ricordare che la Lega ha per lungo tempo rivendicato la gestione della economia “padana” in funzione di un Sud parassita: tuonava Bossi.
Tanto non per rinfocolare antiche passioni o discrepanze ma per mettere i puntini sulle i.
Cominciamo dal Risorgimento che fu la sopraffazione di un Nord ricco e rampante sul Regno di Napoli progredito e non guerrafondaio. Fu una guerra di aggressione e di conquista con il concorso di un condottiero che più che all'Italia si appassionava all'Avventura.
L'avventura quale motivo e stile di vita. Da inseguire nei due mondi; o sui carghi stipati di schiavi strappati alle patrie radici; o nel ghermire donne d'altri rimettendoci l'orecchio tenuto celato da folta capigliatura.
Seguirono i plebisciti di annessione al Piemonte, falsi come i soldi papalini. (Se il 2 giugno 1946 la Repubblica restituì l'imbroglio, rendendo pan per focaccia, non se ne possono dolere i monarchici).
Con l'Unità cominciò la piemontesizzazione dell'esercito nazionale, della burocrazia, della legislazione. Conseguenza ne fu il brigantaggio. In tempi diversi si sarebbe chiamato, nobilitandolo, lotta partigiana. Con termine più appropriato si chiami guerra civile. Il brigantaggio fu la risposta ad una crisi economica e sociale che investì il Sud per l'incapacità del nuovo Stato; nacque da un forte disagio e fu rivolto contro i proprietari terrieri e contro l'esercito regio che li rappresentava.
La nascente industria meridionale ebbe a soffrire perché a Nord si era formato un ricco mercato europeo sicché le industrie meridionali divennero satelliti di quelle settentrionali; l'unificazione delle tariffe doganali (1861), si trattò della estensione di quelle sarde modellate su altre esigenze e con caratteristiche diverse; l'abolizione del protezionismo (dazi abbassati dell'80%), il carico fiscale aumentò notevolmente, dal 40 all' 87% nel 1865!
Sicché i Borbone vanno rivalutati non per partigianeria ingiustificata, ma per senso della misura e dell'equità storica. I Savoia hanno sopraffatto i Borbone; la Repubblica ha debellato lo stato fascista sorto con il consenso della monarchia e finito con il colpo di stato di Vittorio Emanuele III.
Durante gli anni dei regimi monarchici il rapporto tra sovrano e popolo era nettamente diverso nelle due realtà (nord e sud). A Torino era aristocratico, distaccato, elitario; nel capoluogo meridionale c'era un sovrano alla mano, fin troppo populista, beneamato.
A definire le sorti del Sud si intromise l'Inghilterra con i suoi intrighi, le sue cortigiane; con la flotta inglese che pattugliava il Mediterraneo ed il golfo partenopeo, a tutela di interessi economici e politici.
Il tempo è maturo per una riflessione pacata di tutta la storia risorgimentale. Ci furono vincitori e vinti e la storia, si sa, la scrivono i vincitori. Il sangue dei vinti è meno rosso.
Ma quando il tempo, il più raffinato ed equanime critico, dissolverà le emozioni, i lutti e le passioni dell'Ottocento in una polvere sottile come quella che ricopre le piramidi, quando la memoria dei lutti infiniti causati dalle lotte fratricide e dagli eroi improbabili si farà accademia, allora i posteri godranno di una serenità livellatrice che farà eguagliare nel bene e nel male i Savoia, i Borbone e la Repubblica fondata sul lavoro.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 11 Novembre)