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Le donne di Kabul

 

È accaduto quello che si temeva. Non bisogna assolutamente meravigliarsi perché tutti viviamo dell’immediatezza della notizia.
Dell’Afganistan e della tragedia che il suo popolo ha vissuto e sta vivendo interessa quasi più nessuno se non qualcuno che non ha voluto seguire le mode del mordi e fuggi ma che ha mantenuto la sua attenzione costante su i nuovi padroni del paese, i talebani, che stanno imponendo a tutti l’osservanza della sharia imposta dalle scuole coraniche.
Non si vuole, in queste righe, dare giudizi politici sulle scelte fatte dal mondo occidentale, in modo particolare dagli Stati Uniti, che in quasi vent’anni di presenza in quella nazione nulla hanno fatto per consolidare quei valori umani e di libertà proprio della civiltà occidentale.
La presenza degli occidentali ha esasperato le difficoltà di una società, se così si può definire la società tribale afgana, che poco o nulla ha beneficiato delle risorse impiegate per dare alla nazione afgana un governo di garanzie delle libertà e di argine al terrorismo, ma ha peggiorato talmente la situazione da considerare la resa ai talebani come il male minore necessario per ristabilire la pace nel paese.
Si sapeva già da quando l’occidente, con le sue truppe ed i suoi simboli di libertà e di benessere, ha piantato le sue bandiere nei luoghi più critici di questo martoriato paese che il suo rimanere non sarebbe stato per sempre e che doveva, non come era accaduto in un modo disastroso alla Russia, lasciare pacificato il paese dopo aver creato una classe dirigente capace di mediare e di portare ad un accordo le varie realtà tribali e consolidare un governo che, pur nel rispetto delle tradizioni e costumi islamici, doveva essere un avamposto di libertà e di democrazia.
Lo sconquasso operato dalla uscita totale dal paese delle truppe degli Stati Uniti e delle presenze militari dei paesi occidentali è stato simile ad un forte uragano che ha spazzato via tutto ed il popolo afgano è ritornato dalla sera al mattino sotto un duro regime islamico già sperimentato venti anni prima.
Il ritorno degli studenti coranici al potere in Afghanistan, i talebani, ha riportato indietro l’orologio della storia di quel paese e chi ha subito il ritorno violento alla dura legge islamica della sharia sono state le donne che più hanno creduto nelle novità propagandate ed in parte largamente realizzate dalla presenza dell’occidente nel loro paese.
Non si parla delle donne dei potenti legate al destino ed alle scelte di chi ha governato il paese per le quali la fuga è stata l’unica via per salvare la loro vita.
Per nulla hanno immaginato la sorte che sarebbe toccata alle tante donne rimaste per convinzione perché hanno creduto nei vent’anni vissuti, pur tra paure di attentati e di ritorsioni, in un clima di maggior libertà e di conquiste.
Le ragazze di Kabul, di Herat e di tutto il paese, nei vent’anni di presenza occidentale, sono andate a scuola, non quella coranica dei barbuti talebani, ed hanno acquisito conoscenze che è difficile cancellare con un colpo di spugna e soprattutto, pur nel rispetto delle regole fondamentali dell’Islam, sono diventate protagoniste del loro futuro occupando posti di responsabilità all’interno dello Stato e della società civile.
I talebani, appena preso il potere, sapendo di mentire a loro stessi ed al loro popolo si sono affrettati a dire “le donne lavoreranno a fianco a fianco a noi”. Parlavano così sapendo che le donne cresciute nel ventennio della loro assenza difficilmente avrebbero rinunziato alle loro conquiste di donne libere.
Le donne afgane sono state e sono le vittime predestinate nelle mani degli studenti coranici, i talebani, che interpretando il Corano a modo loro e seguendo le incitazioni dei loro maestri delle matrasse coraniche considerano la donna un essere inferiore destinato a soddisfare gli istinti più bassi dell’uomo e per mettere al mondo figli che servono a formare schiere di martiri nella difesa dell’Islam e nella distruzione degli infedeli, i popoli occidentali.
Non hanno avuto remore o ripensamenti nel vietare la presenza delle donne nelle aule scolastiche e nelle università, hanno imposto il burqa ed il divieto di non uscire se non accompagnate da un uomo, il marito, e guardare con gli occhi fissi a terra in presenza di uomini. Hanno vietato loro di praticare ogni tipo di attività sportiva.
Gli studenti coranici, i talebani, hanno metodicamente ricercato, molte volte su delazione dei loro complici, tutte le donne dai 15 anni ai 45 anni non sposate per darle in moglie ai combattenti talebani per soddisfare i loro istinti sessuali e per procreare figli da mandare nelle matrasse e formare nell’odio i nuovi combattenti talebani.
Si può immaginare, ma qualche notizie è trapelata, che tutte le donne di età fertile hanno fatto perdere le loro tracce con continui spostamenti per non essere prese e ridotte nella schiavitù in nome dell’Islam.
Molte ragazze, sulla spinta delle varie Organizzazioni non governative occidentali, avevano iniziato il loro cammino nelle attività sportive raggiungendo anche dei traguardi interessanti a livello internazionale ma hanno dovuto lasciare clandestinamente il paese.
Qualcuna non ha avuto la fortuna di andar via ma ha continuato a praticare lo sport che amava e quasi tutte, come la pallavolista Mahjbjn, hanno subito la dura applicazione della sharia e sono state decapitate.
La notizia della morte di Mahjbjn, pallavolista hazera che giocava senza il hijab, è di pochi giorni fa.
Questa tragica notizia è stata riportata solo nelle pagine di qualche giornale in uno spazio quasi nascosto in modo che non scomodasse la nostra coscienza.
L’eroismo di queste donne afgane che ancora credono nei valori di libertà, pur sfidando un regime sanguinoso e dispotico, non ha più la forza di coinvolgerci perché, ormai, è solo cronaca di un paese lontano.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 11 Novembre)