L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Giuseppe Toscano
 
 

Radunarsi in nome della libertà

 

Scorrevo le pagine di Facebook e, con mia sorpresa, ho visto una giovane iraniana che cantava “Bella ciao” in lingua persiana.
Ogni volta che ascoltiamo “Bella ciao”, nella nostra memoria affiorano le sofferenze ed i drammi del secondo conflitto mondiale, soprattutto il sacrificio e la lotta dei nostri partigiani nelle file della Resistenza, ci si chiede le ragioni di tale scelta.
E’ la canzone della libertà che riassume nelle sue parole la forza di un popolo che ha lottato, in tempi non troppo lontani, per riprendersi la libertà perduta durante il periodo fascista.
“Bella ciao” è stata cantata bene e con la passione di una sentita sofferenza perché in un paese lontano dalla nostra Italia i diritti ad essere liberi, ancora una volta in nome di qualcosa che non ha, per noi, nulla di giustificato, vengono costantemente soppressi.
Mahasa Amini una giovane di 22 anni proveniente dal Kurdistan iraniano in vacanza con la famiglia a Teheran era stata fermata dagli uomini vestiti di nero, la polizia morale del regime degli ayatollah, del generale Hassan Karami, la mano armata dell’ayatollah Ali Khamanei, perché non indossava correttamente il suo velo, lo hijab, che gli copriva i capelli, un obbligo ferreo per le donne iraniane. Ne usciva fuori una ciocca.
La ragazza arrestata e sotto custodia della polizia morale dopo essere stata sottoposta alla punizione dovuta e picchiata a sangue non è sopravvissuta alle violenze subite ed è morta.
La polizia iraniana, dopo tre giorni, ha emesso il comunicato con la notizia che la ragazza è morta per arresto cardiaco.
La notizia diffusa nel giro di poche ore attraverso i mezzi di comunicazione interni ai gruppi di protesta iraniani ha radunato per le strade di Teheran e nelle altre città cortei di giovani.
Al grido di “morte al dittatore” hanno manifestato il loro forte dissenso nei confronti di un regime che in nome della religione annulla ogni libertà individuale.
Le giovani hanno gridato la loro rabbia ed affermato la loro libertà con il taglio in pubblico di una ciocca dei loro capelli.
Durante la manifestazione nelle strade di Teheran la polizia morale degli uomini in nero del generale Hassan Karami oltre alle cariche effettuate ed agli arresti ha ucciso Hadis Najafi, un’altra giovane donna, con sei colpi di pistola in faccia in senso di disprezzo.
La dura repressione, ad oggi si contano un centinaio di morti e migliaia di arresti, continua ma continuano sempre, per quanto ne sappiamo attraverso i filmati di Twitter, le manifestazioni nelle città più importanti dell’Iran.
Perfino il carcere di Evin di Teheran simbolo degli ayatollah, il penitenziario dei detenuti politici, dove ancora oggi è prigioniera l’italiana Alessia Piperno, è stato contagiato: nuvole di fumo accompagnate da spari si possono vedere e sentire dai pochi spezzoni di filmati inviati tramite Twitter.
Episodi simili a quelli visti in questi giorni in cui le giovani donne iraniane sfidano a viso aperto il regime autoritario iraniano che in nome di una religione utilizzata, secondo le interpretazioni di ciò che è scritto nel Corano che danno le scuole coraniche e gli ayatollah a giustificazione della loro dittatura, non hanno provocato reazioni e forte condanna nel nostro mondo, quello occidentale, che egoisticamente rifiuta di attuare nei confronti di quello Stato azioni di qualsiasi genere in difesa della libera decisione di queste giovani donne.
Eppure queste ragazze sfidano, in difesa anche di una ciocca di capelli che esce fuori dallo hijab, la dura repressione religiosa rischiando di essere stuprate sessualmente in pubblico in pieno giorno, come alcuni video ci riportano, dagli uomini neri e dagli agenti antisommossa.
La risposta a questo mondo oscurantista da parte del mondo libero occidentale non è stata forte e convincente.
Questo preoccupa. Quei valori di libertà che quelle giovani iraniane invocano per nulla interessano un mondo, quello occidentale, fortemente prigioniero dei suoi stessi errori e che ora non trova la strada per uscirne fuori.
Anzi il mondo occidentale in cui noi viviamo, mi si permetta un leggero filo di ironia, la vita e la libertà di queste giovani iraniane e di tante altre che in altre parti del mondo subiscono medesime violenze ma non hanno la fortuna di essere conosciute, pur denunciate, valgono meno di un barile di petrolio in più e di qualche metro cubo di gas per meglio riscaldare le nostre case.
Non si può in nome del benessere di chi ha tutto e vuole avere il meglio mettere sotto i piedi ed accettare in silenzio la prepotenza di un regime religioso che stronca in modo drammatico il grido di libertà di queste giovani.
Il mondo degli attivisti dei diritti civili del paese si è mosso per informare e denunciare tutte le violenze che subiscono queste giovani iraniane.
Hanno superato ed aggirato la censura della rete internet in Iran, inviando video e notizie ai loro corrispondenti del mondo occidentale per organizzare momenti seri di proteste e spingere gli Stati di appartenenza a protestare ufficialmente per i fatti denunciati.
Non si hanno notizie certe sulle azioni messe in campo da parte dei governi occidentali, il loro silenzio fa capire che difendere il diritto alla libertà di queste giovani e di ogni donna non è stimato, mi si permette l’eufemismo, utile, oggi, all’economia dei propri paesi.
Molti personaggi significativi del mondo della cultura, dello spettacolo, dello sport e dell’informazione in piena libertà e rischiando in proprio e tagliandosi in pubblico una ciocca dei loro capelli hanno manifestato la loro solidarietà alle violenze che queste giovani iraniane subiscono.
Un gesto simbolico e significativo per richiamare in modo visibile la perdita dei diritti e della libertà delle donne iraniane
Altro non è stato fatto.
Si è atteso con preoccupazione il rientro in Iran del pugile donna Elnaz Rekabi che per combattere ha dovuto togliersi il hijab.
La donna è rientrata in Iran accolta festosamente all’aeroporto di Teheran ma prima di scendere dall’aereo ha dovuto dichiarare che aveva tolto il hijab per errore e non per condivisione e sostegno alle altre giovani iraniane che protestavano per la loro libertà.
Dopo pochi giorni anche la donna pugile ha subito la punizione di un regime teocratico con gli arresti domiciliari e con il divieto di non salire più su un ring a combattere.
Non si sa più nulla della scalatrice Elnaz Recabi che in gara in Corea del Sud non ha indossato il hijab.
E la cronaca di ogni giorno allunga la lista di giovani scomparse nel nulla dopo essere state fermate con forza e violenza durante le manifestazioni per le strade di Teheran e nelle Università iraniane.
Continuano le manifestazioni spontanee di tante giovani donne che cantando le note di “Bella ciao” e gridando “morte al dittatore” affrontano a viso aperto gli uomini vestiti di nero e i militi antisommossa per difendere i loro diritti e la loro libertà.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XIX 2022 - n. 11 Novembre)