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Francesco Caracciolo - Un santo 'nostro'

 
La Famiglia Caracciolo, certamente la più estesa tra le grandi famiglie del regno di Napoli, onora il "suo" Santo mediante l'attività della Pia Unione della Famiglia Caracciolo, eretta canonicamente nel 1925 che, secondo lo statuto, non solo assume iniziative per divulgare il culto di S. Francesco, ma offre anche collaborazione ai Chierici Regolari minori.
 
Francesco, anzi Ascanio Caracciolo, tale era il nome di battesimo, nacque il 15 ottobre 1563 a Villa S. Maria, presso Chieti, fa Ferrante Caracciolo Signore di Villa S. Maria, Montelapiano e Pilo e da Isabella Barattucci, Nobile dama teanese. Trascorse con i genitori la normale vita di un giovane cadetto di nobile famiglia ed è da credere che dovette recarsi più volte a Teano, dove risiedevano i parenti materni e quindi tappa d'obbligo nei viaggi della famiglia dall'Abruzzo alla capitale. A 22 anni fu colpito da una grave malattia, forse lebbra, dalla quale guarì prodigiosamente. Di solida formazione cristiana e già incline a pratiche di pietà, in occasione della malattia sentì fiorire la vocazione alla vita ecclesiastica. Ottenuto l'assenso dai genitori, si recò a Napoli per gli studi teologici e fu ordinato prete forse nel 1587.
Si iscrisse alla Congregazione dei Bianchi della Giustizia che raccoglieva presso la chiesa di S. Maria succurre miseris, accanto all'Ospedale degli Incurabili, alcuni sacerdoti napoletani con il compito di assistere e confortare i condannati al patibolo, nonché di avere cura delle loro famiglie, sostenendole economicamente e aiutando gli orfani dei giustiziati a inserirsi onestamente nella vita.
Della Congregazione dei Bianchi faceva parte anche un altro sacerdote suo omonimo, al quale i sacerdoti Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo indirizzarono un giorno un biglietto per invitarlo ad unirsi a loro nel proposito di dare vita a un nuovo ordine religioso. La Chiesa viveva allora quel grande rifiorire di santità che accompagnò la Riforma Cattolica e le iniziative in tal senso si moltiplicavano dappertutto. Il latore del biglietto provvide a recapitarlo, ma lo consegnò nelle mani del nostro Ascanio il quale si pose subito in contatto con i due sacerdoti e, come dice un biografo, da quell'equivoco germinarono ben presto abbondanti frutti. Il 1 luglio 1588 papa Sisto V approvò la regola della nuova Congregazione, denominata dei Chierici Regolari Minori, che aveva la particolarità di prescrivere ai suoi membri, in aggiunta ai tre tradizionali voti di povertà, castità e obbedienza, la pronunzia di un quarto voto, quello di non ambire a cariche ecclesiastiche. La regola prevedeva inoltre l'obbligo per tutti i professi della pratica quotidiana dell'adorazione eucaristica. Il 9 aprile dell'anno successivo Ascanio emise la professioen solenne assumendo il nome di Francesco. La Congregazione contava 13 religiosi.
Padre Francesco fu quindi inviato in Spagna, a Madrid e Valencia, per promuovere la diffusione della nuova istituzione. Napoli era pur sempre dipendente dalla Spagna. Ritornato in Italia, nel 1593 fu eletto, suo malgrado, Preposito Generale. L'anno successivo ritornò in Spagna per dar vita ad una nuova casa. Ottenne anche dal Papa di poter stabilire a Roma un'altra comunità della Congregazione, nella chiesa di S. Agnese a Piazza Navona. Rieletto Preposito Generale, riuscì a farsi sostituire ma non potette esimersi dall'assumere gli uffici di preposito della casa di S. Maria Maggiore a Napoli e di Maestro dei Novizi. Nel 1601 andò ancora una volta in Spagna per fondare un'altra casa a Valladolid e un collegio presso l?università di Alcalà. Al ritorno volevano rieleggerlo Preposito Generale, ma ancora una volta rifiutò e accettò l'ufficio di Vicario Generale che gli consentiva di conservare la guida della casa napoletana e di continuare a svolgere la grandiosa opera di apostolato e di assistenza che aveva intrapreso con i confratelli tra le classi più umili della città.
Nel maggio 1608 volle recarsi in pellegrinaggio a Loreto in compagnia del fratello minore Antonio, religioso tra i Teatini di S. Gaetano da Thiene. Al ritorno, il 30 maggio, giunti in vista di Agnone dove sarebbero stati ospiti dei padri dell'Oratorio, Francesco avvertì vicina la sua fine e la predisse al fratello con le parole: Haec est requies mea! E ad Agnone, nella casa degli Oratoriani, si spense il 4 giugno 1608. Le sue ultime parole furono: Andiamo, andiamo al Cielo! Non aveva ancora 45 anni.
Il cadavere fu imbalsamato per essere trasportato a Napoli. L'11 giugno, mentre si svolgevano i funerali in S. Maria Maggiore, un "rattrappito" ritornò istantaneamente in piena salute riacquistando pieno vigore in tutte le membra. Il fatto suscitò tanto stupore che i Napoletani non attesero la beatificazione (10 settembre 1770) per venerare Francesco Caracciolo come santo. Dovettero invece attendere il 1840 per ottenere che fosse proclamato compatrono di Napoli.
La sua tomba, a seguito dell'espropriazione di S. Maria Maggiore, fu traslata nella chiesa di Monteverginella, antico cenobio napoletano dei Benedettini di Montevergine nei pressi dell'Università.
Dal 1996 è anche patrono dei cuochi italiani che ogni anno, nel mese di ottobre, ne onorano la memoria con un grande raduno a Villa S. Maria.
LE RADICI TEANESI

La presenza dei caracciolo a Teano è antica di molti secoli. Lo stemma lapideo che riproduciamo, affiorato dalle macerie dell'antica chiesa del monastero longobardo di S. maria de Foris, appartiene al ramo dei Caracciolo - Rossi, bardato d'oro e di rosso con il capo d'azzurro. Al ramo dei Caracciolo - Pisquizi, lo stesso del Santo, appartengono i Caracciolo di Pettoranello che vennero a Teano, nei primi anni del '700 a seguito di numerosi matrimoni con donne di famiglie nobili di Teano. I principi di Pettoranello ereditarono infatti dai De Angelis di Teano il feudo di S. Agapito con il titolo marchionale e dagli ultimi Galluccio gran parte del patrimonio con il latifondo di S. Massimo. Ancora vi risiedono, benché non stabilmente, la superstite figlia del conte Don Alfonso Caracciolo di S. Agapito, Donna Franca, e i nipoti De Gemmis di Castelfoce, Fenicia e Corbi. Nel '500 risiedeva in Teano un altro ramo dei Caracciolo, cui apparteneva il cavaliere Gregorio Silvestro Caracciolo, ricordato come cognato del poeta Luigi Tansillo.
Origini molto antiche, quasi quanto quelle dei Caracciolo, vantavano anche i Barattucci che si vuole originati da cavalieri normanni. In Teano stettero fino alla metà del XIX secolo, quando si estinsero con la morte di Fabio. Ebbero residenza anche in Napoli, dove godettero nobiltà e fondarono una loro cappella gentilizia nella Chiesa di Monteoliveto che conserva ancora la sepoltura monumentale di Antonio Barattucci, regio consigliere e celebrato autore di opere giuridiche, che molto probabilmente deve identificarsi nell'omonimo nonno materno del Santo. I Barattucci si divisero in più rami e possedettero i feudi di Ducenta, S. Cipriano e S. marcellino nell'agro aversano, e dalle nostre parti quello degli infanti. A Teano possedettero anche il palazzo in Piazza Duomo che poi divenne sede della Confidenza Castallo e un altro di cui non conosciamo l'ubicazione. Ebbero sepolture gentilizie nelle chiese di S. Francesco e di S. Caterina, quest'ultima passata in successione ai De Ruggiero d'Albano. nella cattedrale godettero il patronato della prima cappella lungo la navata destra, fortunatamente risparmiata dalla distruzione bellica, che presenta ancora il lungo epitaffio di Giulio Barattucci dettato dal vescovo Boldoni, sormontato dallo stemma del casato che riproduciamo.
Isabella Barattucci nacque a Teano da Antonio, che potrebbe essere il famoso giureconsulto sepolto a Monteoliveto. Nel 1559 sposò Ferrante Caracciolo dal quale ebbe quattro figli: Giulio Cesare che ereditò i feudi aviti con i titoli infissivi, Fulvia che divenne monaca di clausura a Napoli, Ascanio (S. Francesco) e Antonio che professò nei Teatini.

Guido Zarone
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 5 Maggio)
Stemma lapideo dei Caracciolo - Rossi
Stemma del casato dei Barattucci (Cattedrale di Teano)