Storia del complesso conventuale di Santa Caterina e del suo contesto artistico - culturale: la pala d'altare del martirio di Santa Caterina d'Alessandria, del Belisario Corenzio

(di Carmen Autieri)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

TEANO

 
Arte e archeologia
 
Monasteri e conventi
 
S. Caterina
 

Rinchiuse in un vasto comprensorio di fabbricati, che spazia dall'irraggiungibile belvedere sulla Porta di S. Lazzàro al giardino pensile prospiciente la chiesa di S. Pietro, nove monache benedettine continuano a tener viva, nel monastero di S. Caterina, una tradizione monastica femminile che a Teano conta più di dodici secoli.
Sepolte vive. Così venivano comunemente definite, quando la rigida osservanza della Regola non consentiva loro alcun contatto con gli altri e il monastero era privo di telefono e di altri mezzi di comunicazione. Oggi, ridotte enormemente nel numero, con un'osservanza delle norme claustrali meno rigida, costrette a fare i conti con un mondo che non accorda più al chiostro privilegi e protezione, sono ancora lì, non più sepolte vive, ma solo separate fisicamente dal mondo che le circonda. Fisicamente, non spiritualmente. Come sopravvissute di un mondo che fissava la radice di ogni sapienza nel timor di Dio, assistono da anni all'irreversibile assottigliarsi del loro numero e all'inesorabile innalzarsi dell'età media della piccola comunità. Non c'è più giovane che bussi alla loro robusta porta, regolarmente affiancata dalla ruota per il passaggio di oggetti, per chiedere di farsi monaca, eppure esse agiscono e si organizzano come se il monastero non fosse ormai sulla soglia dell'estinzione.
La speranza cristiana le sostiene, le rende serene, come serena, quasi gioiosa, è l'aria che si respira all'interno del monastero.
Sono solo nove. Molte monache, comprese le ultime quattro priore sono venute dal Nord, eppure tutte si sentono legate a questa terra che non conoscono, consapevoli di essere eredi e continuatrici dell'opera delle mille e più monache che vissero nei secoli nelle altre antiche comunità benedettine di Teano: S. Maria de intus, S. Maria de foris, e S. Reparata.
In quei tre monasteri, tutti di origine longobarda, fiorì una tradizione monastica che le Madri di S. Caterina tengono ancora in vita.
Il monastero di S. Reparata, fondato probabilmente nel IX secolo, fu soppresso canonicamente dopo il Concilio di Trento, per la sopravvenuta proibizione di tenere monasteri femminili fuori dell'abitato, e le monache furono accolte nel monastero di S. Caterina.
Quello di S. Maria de Intus, fondato nella seconda metà del IX secolo dai principi di Capua, rimase sempre nell'orbita delle benedettine di Capua, finché nei primi anni del XIV secolo le monache si trasferirono definitivamente a Capua nel monastero delle Donne Monache.
Il monastero di S. Maria de foris, fondato dai conti longobardi di Teano sul finire del X secolo, ebbe più lunga vita, forse grazie all'ingente patrimonio che possedeva. Per l'ammissione era richiesta infatti una cospicua dote e perciò vi si monacavano solo donne di potenti famiglie: Galluccio, Caracciolo, Lotterio, De Ponte, De Auxiliis, Barattucci, De Angelis, De Renzis. Monache di nobili natali che potevano avere anche una conversa a loro esclusivo servizio, un privilegio molto singolare di tempi in cui non sempre il velo veniva preso per spontanea determinazione. Il monastero fu travolto dall'eversione dell'asse ecclesiastico.
I Padri del Risorgimento, dopo aver espropriato il ricco patrimonio di latifondi, boschi, fabbricati e molini, pretesero anche il fabbricato e nel 1893 le poche monache, con la badessa donna Agnese Gigli, furono materialmente sfrattate d'autorità. Ripararono in tutta fretta momentaneamente nella vicina villa dei duchi Del Pezzo, poi si unirono alla comunità di S. Caterina, dove ancora si conservano atti d'archivio come la platea delle monache con annotati tutti i curricula delle religiose.
Il monastero di S. Caterina è il più recente. Il 22 aprile compie 550 anni, essendo stato fondato nel 1554 dalla principessa di Teano Clarice Orsini.
Accolse nei secoli monache di più modesta estrazione sociale di quelle di S. Maria de foris, ma ricevette ugualmente doti e soprattutto donazioni che consentirono la formazione di un rilevante patrimonio fondiario. La legislazione eversiva postunitaria portò via tutto. I beni furono incamerati dal Demanio e poi devoluti al Comune, che li destinò alla fondazione dell'Istituto Regina Margherita. La comunità monastica poté tuttavia continuare indisturbata a vivere nel monastero, provvedendo con il lavoro delle religiose alle necessità della casa. Il decadimento del monastero fu però inesorabile.
Agli inizi del Novecento la comunità era molto ridotta di numero e arrancava nelle ristrettezze economiche. L'autonomia di ogni Casa, dettata nella Regola dal Patriarca, non era certo d'aiuto. Nel 1926 il monastero si aggregò alla Federazione delle Benedettine Adoratrici Perpetue, istituzione fondata a Parigi nel 1653 da Metilde de Bar e introdotta in Italia, a Seregno, nel 1880 da M. Maria Teresa Lamar.
Già sul finire del 1914 tre benedettine adoratrici e una conversa del Monastero di Ronco Ghiffa, in diocesi di Novara, avevano tentato di stabilire una casa in Teano utilizzando quella minima parte del monastero di S. Maria de foris che, dopo la soppressione del monastero, era stata lasciata in pertinenza alla chiesa, all'epoca sede della parrocchia dei SS. Cosma e Damiano. Si erano fatti promotori della loro venuta il vescovo Albino Pella e il parroco don Raffaele Caprio. Le tre monache venuta dal Nord, con grande coraggio, si adattarono a vivere nella cadenti fabbriche che stavano quasi per cedere il mattino del 13 gennaio 1915 per una scossa di terremoto. La loro permanenza durò poco. Nonostante l'incoraggiamento del clero e dei devoti, per le insormontabili difficoltà pratiche, nel novembre 1916 le quattro monache fecero ritorno a Ghiffa.
Forse proprio per quell'insuccesso l'aggregazione di S. Caterina alla Federazione delle adoratrici perpetue fu poi realizzata, nel 1926, in condizioni di sicuro successo.
A sollecitarla, questa volta, fu un prelato di altissime doti, l'abate cassinese Gregorio Diamare che reggeva, in qualità di amministratore apostolico, la diocesi di Teano dopo la tragica morte del vescovo Licata. Da Ronco Ghiffa vennero inviate alcune Adoratrici e una delle più giovani, M. Imelda Trabattoni, a soli ventisei anni assunse la guida del monastero che tenne ininterrottamente per quarantanove anni, fino alla morte.
La Federazione non sopprimeva la tradizionale autonomia dei monasteri benedettini, ma li univa in federazione, sì da rendere possibile il trasferimento di religiose da un monastero all'altro. Umanamente parlando si potrebbe dire che l'aggregazione fu una sorta di colonizzazione, ma fu la salvezza. Quelle poche monache e quell'austera giovane badessa rifondarono il monastero.
La rigida osservanza della regola e l'adorazione diuturna, cui seppero adattarsi, presto e bene, le monache teanesi, suscitarono nuove vocazioni, e quando ebbe inizio la crisi delle vocazioni spesso dai monasteri dell'Alta Italia vennero i “rinforzi”. Nel monastero sorsero l'asilo per le bambine e la scuola di ricamo per le ragazze. Anche le vecchie fabbriche del monastero assunsero nel tempo nuovo aspetto.
M. Imelda governò il monastero, venerata dalle monache e grandemente stimata dal clero e da quei fedeli che avevano modo di frequentare S. Caterina, fino alla morte nel 1975, alla vigilia del cinquantenario dell'aggregazione alla Federazione, che fu celebrato con solenni manifestazioni anche per volere del sempre compianto Mons. Sperandeo. Le successe la mite M. Anselma Zucca, sua vicaria per decenni, fino al 1983, quando venne dal Ronco Ghiffa M. Adeodata Motta. Dal 1992 è priora M. Enrica Marelli.
E siamo così all'oggi, segnato da un'assenza di monacazioni che non impensierisce affatto le nove benedettine del monastero, serene come sempre, in tutti i momenti della loro intensa giornata di preghiera e di lavoro.

Guido Zarone
(Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 4 - Aprile)


Una giornata nel monastero

La Regola di S. Benedetto impone che la giornata sia scandita da un continuo alternarsi di lavoro e preghiera. Le religiose attendono l'alba nella preghiera che dura fino alle 8,45. Mezzogiorno è veramente il centro della giornata, occupato dall'esame di coscienza, al termine del quale le claustrali si recano processionalmente in refettorio recitando coralmente il De profundis per i benefattori defunti. Al pranzo segue un'oretta di sacro silenzio. Ogni monaca è libera di scegliere come occupare quel tempo, può leggere, lavorare e anche riposare, purché rispetti l'assoluto silenzio. La lettura comunitaria delle 17 costituisce il momento d'incontro di tutta la comunità sugli argomenti più vari. Solo alle 20, prima della Compieta che conclude nella preghiera la giornata, è concessa un'ora di ricreazione.

Giornata tipo:
- 5,10 Sveglia
- 5,45 Recita dell'Angelus e del Mattutino
- 7.00 Recita dell'Ora Terza e delle Lodi
- seguono la Messa e la Lectio Divina
- 8,45 Prima colazione
- 9.00 Lavoro
- 12,00 Recita dell'Angelus e dell'Ora Sesta
- segue l'esame di coscienza
- 12,20 Seconda colazione
- 13,30 Sacro silenzio
- 15,00 Recita dell'Ora Nona
- 15,15 Lavoro
- 17,00 Lettura comunitaria
- 18,00 Recita dei Vespri e del Rosario
- 19,00 Cena
- 20,00 Ricreazione
- 21,00 Recita della Compieta
- 21,15 Riposo.


Fino a qualche anno addietro, quando il numero delle monache lo consentiva, le benedettine di S. Caterina erano a turno, giorno e notte, in adorazione. Attualmente l'adorazione notturna è limitata ad alcuni periodi dell'anno liturgico. Tutti i giovedì l'adorazione diurna è solenne e aperta ai fedeli.

Guido Zarone
(Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 4 - Aprile)


L'organizzazione del monastero

Il monastero osserva la Regola di S. Benedetto con alcune peculiarità proprie della Federazione dell'Adorazione Perpetua.
La Badessa, pur conservando ogni potestà del suo ufficio, ha il titolo di Priora poiché nei monasteri della Federazione badessa è la Madonna, la cui statua è posta al centro del coro monastico. Viene eletta ogni tre anni dalle monache, alla presenza del vescovo diocesano e di due sacerdoti che fungono da scrutatori. Nomina una vice priora, le cui funzioni in un monastero di stretta clausura sono invero molto ridotte. Ogni monaca ha poi un suo ruolo, anzi per l'esiguo numero di religiose, alcune di loro sono investite di più ruoli. Come per tradizione, nel monastero ci sono: la portinaia; la sagrestana; l'organista; la cuciniera; l'infermiera; la campanara, che ha il delicato compito di scandire le varie attività della giornata con il suono della campana interna; la depositaria, che ha la cassa del monastero, la celleraria, che provvede agli acquisti e custodisce la dispensa.
Il monastero ha un cappellano che celebra quotidianamente nella chiesa, attualmente Don Vincenzo Di Martino de “ La Piccola Casetta di Nazareth” di Francolise, e due confessori, uno ordinario e l'altro straordinario che vi si reca quattro volte l'anno.
Tutte le monache sono obbligate ai turni di adorazione e al lavoro, sia quello interno della casa, sia quello che viene commissionato. Un tempo non molto lontano le monache gestivano anche un asilo per bambine e una scuola di cucito e di ricamo. Oggi provvedono alla confezione delle ostie, ricamano ancora con l'abilità e il gusto che il nostro tempo più non conosce e recentemente hanno dimostrato grande abilità nella moderna arte del decoupage. Dalle loro mani escono delicati presepi in miniatura, espressivi rametti di fiori di stoffa che racchiudono confetti, quadretti applicati su oggetti di vario uso, confezionati con delicata perizia.
Da alcuni anni il monastero è dotato di un'accogliente foresteria, dove ospitano volentieri persone desiderose di trascorrere qualche giorno in monastero e fare così esperienza di vita contemplativa.

Guido Zarone
(Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 4 - Aprile)

 
(foto di Mimmo Feola)