TEANO
 
Gente d'altri tempi
 

Don Giovanni: il prete dell'Acqua Santa

 

Abbiamo già avuto modo di parlare della casa riposo per anziani fondata dai Fratelli Castallo all'inizio del novecento. È trascorso quasi un secolo dai primi ricoveri e questo Ente continua a svolgere la sua attività, con molta efficienza, grazie al fattivo impegno dell'attuale Presidente, dott. Maurizio Simone e all'illuminato Consiglio di Amministrazione. Tanti e tanti vecchietti hanno trovato rifugio e conforto in questo Mendicicomio (oggi Casa Albergo), assistiti, quasi da sempre, dalle Suore degli Angeli. Sono queste Suore le vere eroine, missionarie della carità, perché giorno e notte, con amore e pazienza, assistono anziani inabili, spesso mentalmente adolescenziali, sclerotici, molti inadattabili all'ambiente; sono proprio questi ultimi i più pericolosi perché oltre ad essere accuditi hanno anche bisogno di conforto e sorveglianza continua. Ogni giorno un episodio, un problema da risolvere. E un brutto episodio capitò una calda sera di agosto quando era superiora Suor Leonia e vice Suor Veronica. Suor Leonia di origine friulana, sulla sessantina, bassa di statura, corporatura robusta e tozza, molto energica, di aspetto vigoroso e colorito sano, dolce ma decisa nel parlare con l'accento tipico del suo paese. Suor Veronica, napoletana molto giovane, forse anche molto bella negli abiti civili, sempre sorridente e sempre pronta a consolare e coccolare i più sofferenti o melanconici nonnini, così li chiamava, cercando di alleviare le loro sofferenze e farli sentire meno soli e abbandonati. Era questo lo scopo principale voluto dai fondatori fratelli Castallo e per questo quasi tutte le persone anziane rimaste sole e prive di assistenza familiare o malate trovavano rifugio alla “Confidenza Castallo”. Anche il povero mastro Filippo, rimasto solo dopo la morte della moglie, fu ammesso all'Ospizio offrendo parte della sua pensione. Mastro Filippo aveva ottant'anni ma ne dimostrava non più di una sessantina. Da ragazzo aveva appreso il mestiere di fabbro e l'aveva esercitato per tutta la vita. Inadattabile all'ambiente, sempre nervoso e irascibile, dalla bestemmia facile, amante di Bacco e insofferente della cucina; ogni pretesto era buono per litigare e imprecare su tutto e con tutti. Tra gli ospiti c'era anche un sacerdote: don Giovanni. Era un prete magro, anzi trasparente come carta velina. Da giovane era stato parroco in diverse borgate dedicandosi e aiutando sempre la povera gente senza mai pensare a se stesso. Sopraggiunta la vecchiaia dovette lasciare la parrocchia, anche perché cominciava a non esserci più con la testa. I parenti, dei quali il prete non si era mai curato, sapendolo oltretutto poverissimo, quando chiese ospitalità risposero: dove hai fatto l'estate, là farai l'inverno. Il Vescovo riuscì a trovargli una sistemazione alla Confidenza facendo credere, al povero don Giovanni, di mandarlo a fare il cappellano dell'Ospizio. Tra don Giovanni e mastro Filippo non corse subito buon sangue. Il giovedì gli ospiti dell'Istituto, certamente i più efficienti nel potersi muovere, godevano di mezza giornata di libera uscita. Questi ne approfittavano per incontrare amici o parenti, soffermarsi nelle “cantine”e fare il pieno per la settimana. Così un afoso giovedì di agosto, dopo il rosario, i vecchietti, una ventina tra uomini e donne, erano tutti riuniti nel salone in attesa di andare a dormire. Qualcuno seduto vicino alla finestra già sonnecchiava con la pipa fra i denti, altri guardavano la televisione, mastro Filippo e Girolamo giocavano a carte, il prete leggicchiava il breviario scagliando, sottovoce, anatemi contro mastro Filippo che durante la partita bestemmiava dal Padreterno all'ultimo Santo che conosceva. Di tanto in tanto arrivava suor Leonia e faceva acerbi rimproveri ai due giocatori. Girolamo era un uomo paziente e pigro s'irritava per i rimproveri della superiora ma rispondeva con piacevole bonomia: "Giochiamo un quartino ogni tre partite da consumare il prossimo giovedì, scherziamo e passiamo il tempo". "Scherzate: non è vero! Perché finite sempre col litigare". Mastro Filippo, più ubriaco del solito, per la prima volta non reagì anzi abbassò gli occhi e quasi umilmente unì le carte sparse e se le ricacciò in tasca. Appena suor Leonia si allontanò, le rimise sul tavolo furtivamente e ripresero a giocare. Erano appena trascorsi pochi minuti Girolamo cominciò a sghignazzare: aveva vinto la terza partita. Mastro Filippo buttò le carte e giù una serie inaudita di bestemmie. Il prete, ormai stanco di sentirne tante, accompagnate anche da parolacce, andò nella sua cameretta prese una bottiglia con l'acqua e avvicinatosi furtivamente a mastro Filippo, con violenza lo colpì in testa. Urla, panico e fuggi-fuggi generale tra i presenti mentre il povero mastro Filippo giaceva a terra con la testa sanguinante ed il prete immobile vicino. Subito la Superiora mandò a chiamare il Presidente, che era anche medico, mentre suor Veronica e un'altra suora medicavano il ferito che non riusciva a capire cosa gli era successo. Il Presidente medico diagnosticò che la ferita era superficiale e che lo stato confusionale di mastro Filippo era dovuto al forte colpo ricevuto. Don Giovanni fu aspramente redarguito dal Presidente per più di mezzora. Alla fine, il prete che per tutto il tempo non aveva detto una parola, con un filino di voce disse: "Nessuno potrà mai punirmi perché la bottiglia contiene acqua santa".

Mimmo Feola
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 11 Novembre)